by Sergio Segio | 24 Agosto 2011 5:35
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Paolo Scaroni è amministratore delegato dell’Eni dal giugno 2005 e descrive qui come il colosso petrolifero italiano ha reagito « all’evento » che lui definisce « eccezionale » : « Ma non perché si tratta di una rivoluzione”: l’Eni è in Africa da 60 anni e di svolte, pacifiche e non, ne ha viste e vissute tante. Bensì perché il gruppo è il primo produttore in Libia e il Paese rappresenta circa il 15% della sua produzione » . Che rapporti avete dunque con i “ ribelli”? « Direi speciali. Il 3 aprile abbiamo incontrato il Cnt. Il trasferimento è stato organizzato con mezzi militari: in elicottero da Catania abbiamo raggiunto una nave italiana e da lì siamo ripartiti, sempre su un elicottero militare, per Bengasi, atterrando fra i container. Le auto organizzate dai nostri Servizi ci hanno portato a destinazione. Siamo stati la prima azienda internazionale a incontrare il Comitato » .
Contatti proseguiti? « Da allora i rapporti sono costanti, intensi e pressoché giornalieri. Stiamo cercando di aiutarli a superare l’emergenza della prima necessità . La situazione è complessa: hanno bisogno di tutto, dalla benzina alle medicine. Le risorse finanziarie del Paese, 140 miliardi di dollari, sono però congelate. Forniture senza garanzie sono complicate, ma stiamo studiando a come fare. Ovviamente ci muoviamo sempre e comunque in coordinamento e con l’assistenza della Farnesina e delle strutture che fanno capo al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta » . Vi hanno chiesto anche assistenza “ tecnica”? Gli impianti sono fermi. « Non tutti. L’impianto di Wafa a 500 chilometri da Tripoli fornisce gas a tre centrali e ciò consente produzione di elettricità per la popolazione locale. Gli altri impianti sono fermi e ovviamente la nostra attività è quella di accertarci che gli impianti non subiscano danni. Per la ripresa in funzione delle attività in generale ci hanno chiesto l’assistenza di team tecnici. Stiamo analizzando come procedere meglio e il più velocemente possibile » .
Considerate garantiti i contratti in Libia? « Si, non abbiamo mai avuto dubbi in proposito. tratta di contratti internazionali. Ma al di là delle garanzie legali, non ci sarebbe alcuna logica nel non rispettarli: dopo ogni rivoluzione, il nuovo governo prima cosa che vuol fare è ricominciare a produrre. E noi, inoltre, attraverso il Greenstream, la pipeline che porta il gas in Italia e solo in Italia, siamo legati in modo indissolubile al Paese » . rimpiazzarci » .
Le transizioni però, come dice lei, sono molto delicate. « Alt: se qualcuno mi chiede come sarà il futuro dell’Eni in Libia, io rispondo senza esitare che sarà positivo. Altra cosa è parlare non di come andranno le cose tra un anno, ma domani. E la transizione è un problema grave e complesso per tutti. Perché la Libia oggi è un Paese armato, un fucile mitragliatore costa 100 dollari e l’hanno praticamente tutti. Gli impianti non sono sorvegliati e possono anche essere danneggiati. La situazione è confusa. Nel Paese abbiamo 2 mila dipendenti, dei quali molti sono dirigenti locali, persone che sono con noi da più di 20 anni e sono molto preparate, di grande competenza e che conoscono molto bene la loro gente, la loro realtà . Ricevo dai “ nostri” più volte al giorno rapporti che descrivono la situazione, informazioni aggiornate e che condividiamo con le nostre autorità . E gli ultimi ci parlano anche di ragazzi giovani con il mitra che scorrazzano per Tripoli… » .
Ci sono problemi di sicurezza di approvvigionamento per il nostro Paese in assenza di gas e petrolio libici? « Anzitutto il tema riguarda solo il gas. Non abbiamo problemi se per il prossimo inverno dovremo fare a meno del gas che proviene dalla Libia. Purché non si “ interrompa” in alcun modo il flusso dalle altre fonti: Algeria e il “ fronte” russo- ucraino » .
Cosa temete? « In Algeria la situazione ci sembra stabile. Ma appare riservare più incognite la situazione in Tunisia, dove “ corrono” 350 chilometri di “ tubo” che si immerge nel Mediterraneo per approdare a Mazzara del Vallo in Sicilia: le attuali autorità ci hanno garantito il presidiomilitare di tutta l’infrastruttura. Ma il 23 ottobre si voterà per l’Assemblea costituente e il governo sarà dimissionario: chi saranno i nostri futuri interlocutori? Noi ovviamente abbiamo già preso contatti con i due partiti maggiori, quello islamico moderato e quello riformatore. Abbiamo incontrato i loro rappresentanti. È molto probabile che partecipino al futuro governo, ma attualmente a Tunisi ci sono oltre 100 formazioni politiche ed è difficile coltivare certezze. Il fronte russo- ucraino è infine perennemente instabile. Abbiamo già sperimentato interruzioni nel flusso del gas già nel passato. Oggi però la situazione libica ci rende più fragili » .
Anche perché l’Italia è stata un po’ ” tirata per i capelli” nel fronte anti Gheddafi? « Come le ho già detto i nostri rapporti con il Cnt sono speciali, e il Paese lo conosciamo bene: ci siamo dal 1959. Tutti i libici che si occupano di petrolio ci conoscono bene. Molti hanno frequentato il nostro master del petrolio voluto dallo stesso Enrico Mattei. Non sarei stupito se qualcuno di questi potrà occupare un ruolo nelle gerarchie. In più noi siamo produttori e investitori diretti, non dipendiamo da commesse. Semai ci dovessero essere problemi di “ concorrenza” legati a spostamenti di sfere di influenza nel Paese potrebbero eventualmente riguardare altre società che devono assicurarsi contratti » .
Si dice che siete stati voi a organizzare la fuga dalla Libia dell’ex primo ministro e potentissimo ministro del Petrolio Shokri Ghanem. « Si figuri se rispondo a queste domande » .
Quando ha incontrato l’ultima volta Gheddafi? « In occasione delle ultime visite in Italia. Ma non ho avuto con lui rapporti frequenti. Ricordo quando nel 2008, dopo essermi recato per 19 volte in Libia allo scopo di rinegoziare una serie di contratti, ero già in aereo per il decollo emi ha chiamato al telefono il suo assistente: Gheddafi voleva vedermi subito. Marcia indietro, colloquio: voleva porre il suggello politico ad accordi tecnici. È stato forse l’ultimo incontro “ vero”. Poi mi sono rifiutato di partecipare alla pagliacciata a Roma dei cavalli berberi. Per fortuna avevo in agenda un viaggio al quale non potevo rinunciare » .
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