Savina Caylyn, equipaggio vivo ma allo stremo

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I familiari procidani del comandante Giuseppe Lubrano Lavadera, disperati dal black out nelle comunicazioni e dal silenzio della stessa Farnesina, hanno deciso di pubblicare sul Mattino le foto shock dei propri cari legati e minacciati con i fucili, inviate loro dai rapitori lo scorso 9 giugno tramite fax.
Lunedì il sito Liberoreporter.it ha pubblicato il resoconto di un contatto telefonico in cui il capitato Lubrano ha fornito i particolari della condizione dell’equipaggio allo stremo fisico e psichico: senza viveri, elettricità  e sotto la minaccia dell’esecuzione dimostrativa di un marinaio, se le richieste non verranno prese in considerazione. Il sito di informazione riporta diversi stralci della conversazione avuta grazie al benestare del capo dei rapitori: «Abbiamo un solo bagno per 50 persone – spiega il capitano – Hanno razionato l’acqua potabile per farla durare altri 6 mesi. Non ci laviamo da circa 3 e abbiamo problemi di salute. Le medicine a bordo non esistono più e ci sono alcuni membri dell’equipaggio che hanno bisogno di cure». In particolare sarebbero critiche le condizioni di un marinaio indiano che ha perso 22 chili, causa una dissenteria.
Ma i timori dei familiari italiani riguardano le trattative in corso, bloccate dopo che i rapitori hanno rifiutato la proposta dell’armatore Luigi D’Amato. I pirati (a quanto detto dagli italiani in maggioranza minorenni) pretendono, infatti, 16 milioni di euro e dicono di non essere pronti a nessuna mediazione. La moglie di Lubrano, Nunzia Nappa che ha mantenuto, in questi lunghissimi 6 mesi, radi contatti con i sequestratori e con il marito, è molto critica con il governo italiano. Ha parlato di «una via crucis negli uffici ministeriali» e accusato la Farnesina di immobilismo. Ieri, la signora Nappa ha avuto un incontro con il sindaco di Procida Vincenzo Capezzuto nel quale si è deciso, anche insieme ai familiari dell’altro marinaio dell’isola Crescenzo Guardascione, di organizzare una manifestazione a Roma davanti alla Farnesina i primi di settembre.
Gli altri membri dell’equipaggio italiano prigionieri nelle acque somale sono Antonio Verrecchia, 62 anni di Gaeta, il sorrentino Gianmaria Cesaro di soli 26 anni e Eugenio Bon, 30 anni di Trieste. Subito dopo l’incontro in un sit-in convocato in rete i cittadini di Procida hanno manifestato in piazza Marina grande per chiedere l’intervento delle istituzioni.
Nell’ultima telefonata il comandante Lubrano ha anche espresso grossi timori anche per le condizioni dell’imbarcazione: «In questi giorni – ha detto – si sta alzando un forte vento che spira a quasi 160 km orari. Rischiamo di finire tra le secche e a causa delle incrostazioni della vegetazione lo scafo sta subendo un deterioramento». Poi, l’appello all’armatore D’Amato: «Siamo sotto il tiro dei mitra, non resaistiamo più. Faccia presto, ci dia una mano a venir fuori da questa situazione».


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