Rapito operatore di Emergency in Darfur ore di ansia per Azzarà
Nell’inferno del Sud Darfur l’impegno umanitario e la cautela non mettono al riparo dalla violenza. Sono passati due giorni dal rapimento di Francesco Azzarà , 34 anni, operatore di Emergency a Nyala, e il vicegovernatore della regione sudanese, Abdel Karim Mussa ha detto ai media locali che l’italiano «sta bene sia dal punto di vista psicologico, sia da quello fisico». La sua prigionia, cominciata il 14 agosto quando è stato rapito da un gruppo armato sulla strada verso l’aeroporto della cittadina del Sud Darfur, secondo il vicegovernatore potrebbe concludersi presto, perché le forze di sicurezza sudanesi «stanno stringendo il cerchio» intorno ai rapitori di Azzarà . La notizia non viene confermata da Emergency e Gino Strada, al telefono da Khartum, commenta: «A noi non risulta niente di tutto ciò. Saremmo più che felici se le informazioni sulle condizioni di Francesco fossero fondate, ma al momento possiamo soltanto cercare di verificarle con i nostri contatti a Nyala».
Poco ore prima delle dichiarazioni del vicegovernatore, il fondatore di Emergency si era detto «fiducioso» in una soluzione della vicenda, proprio grazie ai contatti avviati in loco. Per liberare Azzarà si è subito attivata la Farnesina – l’ambasciatore italiano in Sudan, Roberto Cantone, è rientrato in fretta dall’Italia dove si trovava per una breve vacanza – e il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha chiesto riserbo sulla vicenda. Il Sud Darfur non è nuovo ai rapimenti di operatori occidentali, tanto che un anno fa si era parlato di una vera industria del sequestro e di collusioni del governo di Khartum nel non volere, o non potere, proteggere i membri delle organizzazioni internazionali. Si tratta dunque di una situazione complicata, in cui anche le affermazioni di fonti governative vanno prese con cautela. «Non confermiamo o diamo notizie semplicemente perché non abbiamo particolari da fornire – afferma Strada – non ci sono elementi certi per capire chi e perché ha rapito Francesco e dunque non c’è niente da dire. Abbiamo avviato tutti i contatti e sappiamo per esperienza che ci vuole pazienza, ma siamo fiduciosi perché possiamo contare sulla collaborazione totale delle autorità italiane e si sono dimostrate molto disponibili anche le autorità locali».
Francesco Azzarà lavora come logista nel centro pediatrico inaugurato a Nyala un anno fa, uno dei tanti avamposti di Emergency nelle zone del mondo dove in pochi riescono a lavorare. «Il nostro centro pediatrico è l’unico gratuito nel Sud Darfur – osserva Strada – vediamo 70 bambini al giorno e nonostante restare nella zona sia pieno di difficoltà la comunità locale è consapevole dell’importanza che la struttura sanitaria non chiuda». Nyala è il centro più grande del Sud Darfur, la regione del Sudan dove dal 2003 si è scatenata la guerra civile. «È una zona di conflitto e di violenza – spiega il fondatore di Emergency – con tutto ciò che ne deriva. Si intrecciano sul territorio le trame della delinquenza comune e l’organizzazione dei rapimenti per finanziare l’acquisto delle armi, insomma tutte le cose non belle che vanno di pari passo con le guerre».
Il vicegovernatore Mussa ha accusato le ong di rifiutare le offerte di protezione del governo, ma Strada replica: «Il nostro personale da sempre lavora senza armi e senza scorte, perché non portare armi è molto più sicuro che portarle, è l’unico modo per far capire che per noi nessuno è un nemico».
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