“Voleva soldi per darmi commesse poi me li ridava con altre tangenti”
MILANO – L’area Falck, un grande business immobiliare alla periferia di Milano, dove tutti volevano guadagnare. Così una ex zona industriale, tanto operosa e gloriosa da essere soprannominata la Stalingrado italiana si è trasformata in un crocevia di corruzione. Negli ultimi 15 anni il governo di quel territorio è stato in mano alle giunte di centrosinistra, in particolare all’ex sindaco di Sesto San Giovanni, Filippo Penati, diventato poi presidente della Provincia di Milano, e poi al suo successore Giorgio Oldrini, ma soprattutto all’assessore all’Edilizia, Pasqualino di Leva. Con loro operava anche Giordano Vimercati, presidente del Consorzio trasporti pubblici e braccio destro di Penati in provincia.
Gli imprenditori, invece, che si sono mossi sull’area e sugli affari che ruotavano intorno a Sesto si possono definire trasversali, pronti ad aver “rapporti di lavoro” con qualsiasi amministrazione. La Risanamento dell’immobiliarista Luigi Zunino, la società di trasporti Caronte e le altre immobiliari di Piero Di Caterina, il re delle bonifiche Giuseppe Grossi, da sempre vicino a Comunione e Liberazione, il gruppo Gavio, le cooperative rosse rappresentate da Omar degli Esposti e il gruppo Pasini. Sullo sfondo, i soldi, i finanziamenti e le operazioni transfrontaliere curate da Banca Intesa, la banca di sistema che doveva addirittura spostare la propria sede a Sesto.
«Dammi una mano che poi li recuperi»
«La crescita della mia azienda è dipesa sostanzialmente dalla vicinanza di Penati e Vimercati», ha messo a verbale Di Caterina. «Penati mi ha chiesto soldi per la sua carriera politica. Il rapporto era a tre nel senso che anche Vimercati mi chiedeva denaro per conto di Penati». In cambio, Di Caterina riceveva commesse e protezione politica per le sue aziende di trasporto, anche se il più delle volte pretendeva i soldi delle tangenti indietro. «Io ero sicuro che le somme che anticipavo allo stesso mi sarebbero state restituite dalle tangenti di Pasini», l’imprenditore che fino al 2005 aveva in mano lo sviluppo dell’area Falck.
I riscontri bancari cristallizzano un passaggio di denaro in Lussemburgo di circa un milione di euro tra Pasini e Di Caterina, mentre le testimonianze di Angiolina Navoni, la moglie di Di Caterina parlano delle frequenti visite serali di Penati negli uffici della Caronte: «Ho incontrato Penati credo quattro cinque volte negli uffici della Caronte. Per quanto posso ricordare questi incontri sono avvenuti nel tardo pomeriggio o di sera». È la stessa Navoni poi a preparare i contanti per il marito, soldi «per pagare – dice Di Caterina – i conti di tante serate e nottate passate in Svizzera. In precedenza sempre con Princiotta, Penati, Vimercati e Maggi avevamo fatto viaggi in Ucraina, Romania, Russia e Lituania. A loro pagavo il soggiorno, necessità varie, ristoranti e locali notturni. Non collego quei pagamenti a Penati in quanto nel 2008 non veniva più con me in Svizzera e in viaggi vari».
I soldi di Penati a Montecarlo, Dubai e Sudafrica
«Penati – ha dichiarato Di Caterina – mi ha parlato dell’acquisto da parte della Provincia di Milano della partecipazione nella Milano Serravalle, dicendomi che gli avrebbe consentito la restituzione dei soldi che mi doveva». Altri particolari sull’operazione da 240 milioni con cui la Provincia diventa azionista di maggioranza della Serravalle rilevando il 15% dal gruppo Gavio li avrebbe raccontati Antonio Princiotta, all’epoca segretario generale della Provincia allo stesso Di Caterina. «Mi disse che stavano trattando l’importo che sarebbe stato retrocesso a loro, Penati e Vimercati. Un importo per milioni di euro, che non mi è stato mai indicato. L’importo è stato pagato dal sovrapprezzo che la Provincia ha pagato al gruppo Gavio. Penati avrebbe ricevuto il suo guadagno dall’operazione a Montecarlo, Dubai e Sud Africa. Dice che i soldi in quei posti glieli ha portati l’architetto Renato Sarno, il quale fin dai tempi di Sesto ha attivamente collaborato con lui». Princiotta avrebbe consegnato anche un documento a Di Caterina con il testo delle trattative per la cessione della Serravalle. «Il documento sempre a detta di Princiotta è stato oggetto di discussione nel corso di alcuni incontri presso lo studio commercialista Ferruccio di Milano via Pontaccio nell’aprile 2005. Princiotta mi ha riferito che a quegli incontri partecipavano lui, Vimercati, Binasco (gruppo Gavio n.d.r.) e un rappresentante di Banca Intesa, tale Pagani e che si è anche parlato di un sovrapprezzo da pagare a favore di Penati e Vimercati».
Una Toyota Corolla per l’assessore Di Leva
Cambiano gli uomini, ma non i metodi. «Dopo che Penati – dice Di Caterina – finì il mandato di sindaco, cercai di aprire un colloquio con il neo assessore Di Leva. Di Leva mi disse apertamente che avremmo fatto buoni affari e di sostituire i miei architetti con l’architetto Magni». Le tangenti venivano pagati sotto la voce “oneri conglobati”, ma non mancavano nemmeno altre utilità . «Nell’agosto 2006, io (Di Caterina n.d.r.), Magni e Di Leva ci recammo presso la concessionaria Spotorno Car di Sesto dove Magni pagò in contanti un’autovettura Corolla». Magni si occupò anche della assunzione della figlia di Di Leva e del genero. Agli inquirenti non sono sfuggite poi le spese di Di Leva. A fronte di stipendi per 46mila euro, la famiglia Di Leva ha speso nel 2008 ben 320mila euro. Sul loro conto, in 10 mesi sono arrivati oltre 400mila euro senza una valida giustificazione.
L’imposizione di Banca Intesa
L’imprenditore Giuseppe Pasini si lamenta con gli inquirenti di non essere mai riuscito a iniziare i lavori a Sesto. «Saviotti (di Banca Intesa n.d.r.) mi propose alla fine di cedere l’area ad un immobiliarista che non conoscevo, Luigi Zunino. La presentazione fu fatta dalla banca e fu Saviotti ad assicurarmi che questa persona avrebbe pagato in contanti. Il prezzo era di 200 milioni, mi opposi fermamente era davvero poco. Alla fine ho strappato 218 milioni con i quali ho estinto il debito contratto con il finanziamento erogato a suo tempo da Banca Intesa».
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