Quel film su Bin Laden che imbarazza Obama
NEW YORK. «I Navy Seals non sono una task force da mobilitare quando i sondaggi vanno male». Divampa la polemica dei repubblicani contro l’Amministrazione Obama, accusata di voler strumentalizzare l’uccisione di Bin Laden a fini biecamente elettorali. Tutto è cominciato con il “fuoco amico” di Maureen Dowd, celebre commentatrice liberal del New York Times. E’ lei dalla sua column domenicale ad avere armato l’accusa: la Casa Bianca ci tiene che esca nelle sale cinematografiche un film sull’uccisione del capo di Al Qaeda, a ridosso dell’elezione presidenziale del novembre 2012. Sarebbe un modo per «contrastare l’immagine sempre più diffusa di Barack Obama come un presidente inefficace», ha scritto la Dowd. Aggiungendovi questo scoop al veleno: la Casa Bianca avrebbe fornito «un accesso privilegiato e di altissimo livello ai dettagli riservati dell’operazione più segreta della storia, l’uccisione di Bin Laden» ad una regista simpatizzante.
Si tratta di Kathryn Bigelow, che vinse l’Oscar 2010 col film “The Hurt Locker” sulla guerra in Iraq. Il nuovo film, dal titolo provvisorio “Killing Bin Laden”, dovrebbe uscire un mese prima del voto, il 12 ottobre 2012, giusto in tempo per ricordare agli elettori uno dei successi dell’attuale presidente. La rivelazione del New York Times, giornale solitamente vicino a Obama (ma sempre più critico negli ultimi tempi), ha dato il via a un’offensiva della destra. Peter King, il deputato repubblicano che presiede la commissione parlamentare per la Homeland Security, accusa Obama nientemeno che di «mettere a repentaglio la sicurezza nazionale». King ha elevato una protesta ufficiale, con due lettere rivolte al Dipartimento della Difesa e alla Cia. Il deputato repubblicano scrive che «l’Amministrazione ha un dovere di trasparenza verso il Congresso e verso il popolo americano, questo tipo di collaborazione invece punta a costruire una visione cinematografica della storia». Il portavoce del presidente, Jay Carney, si è affrettato a smentire: «Chiunque scriva articoli o libri sul presidente, o prepari la sceneggiatura di un film o un documentario, sa di potersi rivolgere a questa Amministrazione e noi facciamo del nostro meglio per garantire un’informazione completa e corretta. Non discutiamo informazioni coperte dal segreto. E in questa fase in cui la minaccia terroristica non è finita, ci aspettiamo che la commissione parlamentare sulla Homeland Security abbia a cuore questioni più importanti di un film».
Anche la regista Bigelow, e lo sceneggiatore Mark Boal, hanno tenuto a precisare: «Stiamo lavorando a questo progetto da molti anni, il film integra gli sforzi collettivi di tre Amministrazioni, sotto i presidenti Bill Clinton, George Bush e Barack Obama, per eliminare Bin Laden». Le smentite non sono servite naturalmente a placare le accuse della destra. Il New York Post, tabloid di proprietà di Rupert Murdoch, ricorda che «la regista Bigelow è una finanziatrice del partito democratico», in quanto a Boal «è addirittura un collaboratore di Rolling Stone» (equiparato evidentemente a un organo di estrema sinistra). Il Post mobilita un veterano dell’esercito, Kurt Schlichter, per una sferzante accusa: «Indovinate chi sarà il vero eroe di quel film? Non certo i soldati del reparto speciale Team 6 dei Seals che aprirono il fuoco ad Abbottabad». L’ex militare conclude con un argomento non molto diverso da quello usato dalla Dowd: «In ogni caso gli elettori afflitti dalla crisi economica e in attesa di soluzioni alla disoccupazione non si accontenteranno di sentir dire: abbiamo eliminato Bin Laden».
Le polemiche sul presunto «accesso privilegiato alle fonti top secret» per autori amici non sono limitate al film della Bigelow. Una controversia analoga era nata due settimane fa dopo un’accurata ricostruzione del blitz uscita sul settimanale The New Yorker. In quel reportage c’erano dettagli inediti (la Casa Bianca non seguì l’operazione dentro il rifugio di Bin Laden, gli unici filmati disponibili erano da una telecamera esterna) e la conferma di prima mano che i Seals avevano l’unico mandato di uccidere, non di catturare il capo di Al Qaeda. Le accuse del repubblicano King sulla «ricostruzione cinematografica della storia» suonano irreali venendo da un partito che ebbe in un attore di Hollywood, Ronald Reagan, il suo leader più venerato nonché uno spregiudicato manipolatore dei media. La destra sorvola anche sulla tragicomica messinscena in cui si esibì George W. Bush su una portaerei con il celebre discorso “Missione compiuta”, quando la guerra in Iraq era appena agli inizi. Ma il polverone su “Killing Bin Laden” ha già insegnato qualcosa allo staff di Obama: che ormai il fuoco incrociato da destra e da sinistra è il loro calvario quotidiano.
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