Quei giochi innocenti che spaventano un regime paranoico

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Le paranoie di un regime oscurantista finiscono per provocare l’intolleranza persino verso un gioco infantile come è sostanzialmente la “battaglia dell’acqua”, da sempre amato dai ragazzini iraniani, quando insieme ai cuginetti e le cuginette si gettavano l’acqua dell’houz, la vasca in mezzo al cortile della casa, tra risate, spintoni e fughe scomposte. I cortili con il giordano e gli houz con i pesciolini sono però scomparsi e sostituti da grattacieli e da casermoni nelle grandi città  come Teheran o Bandr Abbas, dove le autorità  sono intervenute con durezza per impedire le feste di Abo-Atash (acqua e fuoco). Così, i cuginetti di una volta, ora ventenni, un vero e proprio esercito incontrastabile, si sono dati appuntamento nei parchi, muniti di pistole ad acqua, per tornare bambini, a dispetto delle autorità  che nei loro giochi hanno visto «comportamenti immorali e contrari alle regole».
Dietro alla reazione tutto sommato paradossale e insulsa del regime nei confronti di questo gioco innocente tuttavia sono nascoste diversi preoccupazioni. Sconfitto nel sangue il movimento verde che due anni fa ha portato nelle piazze del paese milioni di donne e uomini, risultano sospettati i giovani che tornano a riunirsi, questa volta sfidando il regime con allegria, incuranti dei loro vestiti bagnati che mettono in risalto le rotondità  dei seni delle femmine e i pettorali dei maschi: non più nel chiuso delle case, dove ballano insieme, bevono alcolici, si abbracciano e si amano a costo di essere arrestati, puniti con le frustate e chiusi nelle celle, ma in pieno sole, all’aperto dei parchi e sotto gli occhi spaventati di guardiani dei luoghi pubblici che non riescono a domare la loro allegria, come hanno confessato i responsabili del maxi parco acquatico di Abbas-Abad, prima dell’arrivo dei Basiji.
Da tempo i giovani iraniani hanno di fatto rotto il tabù della separazione tra le ragazze e i ragazzi. Ma le battaglia d’acqua in pubblico sono risultate un ulteriore passo in avanti che, che a giudizio dei guardiani della moralità  religiosa, potrebbero condurre ad una strada senza ritorno. Quel gioco è haram, è proibito dalla religione ed è impuro, hanno sentenziato. Ma più che il gioco, fanno paura le sue potenzialità  in una società  dove chi gestisce il potere non ha alcuna capacità  di comprendere le esigenze della stragrande maggioranza della popolazione fatto dai giovani tra i 20 e i 30 anni: una gioventù senza futuro alla quale viene impedito di sognare.
Ma quel gioco ha forse turbato anche l’inconscio degli uomini del regime, gioco nel quale hanno intuito messaggi insidiosi: la pistola che getta l’acqua, puntata dal maschio verso la femmina e viceversa. E che finisce per denudare virtualmente gli uni e le altre. Il puritanesimo degli ayatollah aveva proibito il canto della voce femminile, aveva pensato che i cappelli delle donne trasmettono impulsi erotici verso i maschi e aveva messo al bando la stretta di mano tra donne e uomini che non siano marito e moglie, padre e figlia, oltre che la separazione tra maschi e femmine nei luoghi pubblici e persino sugli autobus.
Il regime degli ayatollah nella Repubblica islamica è noto da sempre per le contrapposizioni che hanno opposto i riformisti ai conservatori e ora, nell’era di Ahmadinejad, i nazionalisti agli integralisti. Mai però c’è stata una ampia e diffusa dialettica in seno al regime sui problemi della moralità  e dell’etica collettiva. Nessun riformista si è mai opposto al chador, alle retate dei Basiji contro i giovani non rigorosamente conciati da devoti musulmani, alla barbara impiccagione degli omosessuali e delle adultere. Ad opporsi allo oscurantismo, al puritanesimo e all’intolleranza degli adulti che detengono il potere sono i giovani, ragazze e ragazzi, con il trucco del viso, con i capelli lunghi e pettinati con il gel, con le loro t-shirt e i jeens. E ora con le pistolettate ad acqua durante le insopportabili giornate agostane a Teheran e quando lo Shajarè, il vento rovente che tira su Bandar Abbas, stimola la loro fantasia.


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