“Questa manovra è ingiusta e dannosa governo di transizione per l’emergenza”
ROMA – «Non so se Tremonti resterà ministro dell’Economia. Francamente penso che non lo sappia nemmeno lui», risponde Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, che sulla conversione del decreto con la stangata da 45 miliardi di euro punta a giocare in Parlamento una partita-chiave. Una risposta che conferma il nuovo quadro con le divisioni laceranti che attraversano la maggioranza. Tremonti non è più una pedina insostituibile nel governo. E anche questo apre a nuovi possibili scenari. Bersani ha preparato un pacchetto di emendamenti per cambiare la manovra e ha deciso di confrontarsi con tutti: opposizioni, forze sociali, e partiti di maggioranza. Obiettivo: «Far pagare a chi evade e a chi non ha ancora pagato nulla come i possessori dei grandi patrimoni immobiliari». Sullo sfondo – perché no? – prove di nuove grandi alleanze, di quel “governo di transizione” per presentarsi nel mondo «con una faccia diversa da quella di Berlusconi».
Perché a luglio avete permesso che in Parlamento la manovra da 48 miliardi venisse approvata rapidamente e ora vi preparate a dare battaglia su un decreto non molto diverso?
«Per la verità quella manovra è arrivata in Parlamento già blindata, con l’impegno del presidente del Consiglio di porre la fiducia e con l’improvvisa catastrofe dei mercati. Ma Berlusconi, per ora, ha detto che stavolta non intende ricorrere al voto di fiducia. E non perché vuole dialogare con me, ma perché ha problemi seri a casa sua. Resta il fatto che la manovra è ingiusta sul piano sociale e recessiva sul piano economico. Si colpisce esclusivamente chi paga l’Irpef e si tagliano i servizi di base. Nella batosta si accomunano i ceti medi con i ceti popolari. Riassumendo: paga chi ha sempre pagato e non paga chi non ha ancora pagato. Questa manovra va profondamente cambiata ed è per questo che abbiamo messo in campo le nostre proposte che, posso assicurare, stanno in piedi».
Sta davvero in piedi la proposta di ritassare i capitali rientrati in Italia attraverso lo scudo fiscale di Tremonti?
«Intanto voglio dire che questa è l’unica misura una tantum, e in fondo si chiede di pagare il 20% a chi, rimanendo anonimo, ha pagato il 4 o 5%. Le altre hanno tutte natura strutturale. Sono pronto a sfidare chiunque sulla possibilità tecnica della nostra proposta e sulla sua costituzionalità . Noi stimiamo di ricavare non meno di 15 miliardi da destinare alla crescita e al lavoro. Ma gli altri sono tutti interventi strutturali: la tracciabilità dei pagamenti per prestazioni e servizi, le norme antievasione, il ripristino dell’elenco fornitori-clienti, le dismissioni del patrimonio pubblico, le liberalizzazioni, la politica industriale, i tagli ai costi della politica, l’introduzione di un’imposta molto progressiva sui patrimoni immobiliari rilevanti a partire da un determinata soglia che indicheremo anche in ragione dell’esito della discussione in Parlamento».
Ma questa sarebbe una vera patrimoniale?
«Questa sarebbe semplicemente una tassa sul valore di mercato degli immobili. Esiste in tutti i paesi. Noi la faremo fortemente progressiva e con larghe esenzioni».
Con questi emendamenti punta a trovare in Parlamento nuove alleanze con gli altri partiti dell’opposizione?
«Prima di arrivare in Parlamento voglio confrontarmi con le forze sociali e con i partiti di opposizione. Sono pronto a recepire suggerimenti. Quanto alla maggioranza, parla sempre di dialogo – parola per me fumosa – bene, la metta in pratica confrontandosi con noi. Io voglio parlare con tutti».
Ha in mente un “governissimo”?
«Questo governo non ha alcuna credibilità . Se non cambia rischiamo di rendere inutili tutti i nostri sforzi. Ci vuole un governo di transizione per affrontare l’emergenza e cambiare la legge elettorale. Serve un altro volto che non sia quello di Berlusconi per presentarsi nel mondo. Detto e ribadito questo, sia chiaro che noi anche in questo quadro politico avanzeremo le nostre proposte alternative».
Come pensa che i mercati accoglieranno il decreto del governo?
«Abbiamo la fortuna che nei nostri confronti ci sia un occhio responsabile da parte della Bce e della Commissione di Bruxelles. Siamo troppo grossi perché non ci venga data qualche sponda».
La Marcegaglia ha invitato anche l’opposizione a cambiare il decreto aumentando l’Iva e bloccando le pensioni di anzianità . Cosa risponde?
«Non ho pregiudizi di principio, ma gli effetti potrebbero essere negativi. Non è meglio lavorare sull’evasione e sui significativi patrimoni immobiliari?».
E sulle pensioni di anzianità ? Sono un tabù per la sinistra, come per la Lega?
«Possibile che tutti gli anni si sollevi questa questione? Si metta fine una volta per tutte introducendo un meccanismo di flessibilità di uscita dal lavoro entro una forchetta, per esempio tra i 62 e i 70 anni».
Dunque non è contrario ad aumentare l’età effettiva di pensionamento?
«Sono sicuramente d’accordo ma giunti a questo punto con meccanismi volontari e di convenienza poiché le riforme degli ultimi anni ci hanno sostanzialmente messi in equilibrio».
Su licenziamenti e derogabilità dell’articolo 18 lei sta con la Cgil che protesta o con la Cisl che la considera una buona soluzione?
«Io sto con il Pd. Certo, dopo il recente accordo tra le parti sociali e con tutti i guai che abbiamo, accendere una miccia di quel tipo mi pare una cosa pazzesca».
Perché ha informato il Capo dello Stato del tentativo di Tremonti di nominare, quasi con un blitz, Vittorio Grilli nuovo governatore della Banca d’Italia al posto di Mario Draghi?
«Era un dovere. Ritenevo corretto accertarmi che il Presidente della Repubblica, in quanto parte in causa rilevante, fosse a conoscenza di questo tentativo che va oltre ogni immaginazione».
Related Articles
«Frode aggravata dal ruolo politico del Cavaliere»
Le motivazioni dell’appello sull’interdizione: non c’entra con il percorso della Severino
Quando i Partiti si ribellano ai Capi
I partiti nel corso degli ultimi vent’anni sono cambiati profondamente. Si sono “personalizzati”. Fino a trasformarsi in “partiti personali”
Grillo e il mito del volo di Ulisse
GLI ultimi movimenti di Grillo, dopo la rielezione di Napolitano, sono non solo prudenti ma inquieti: quasi contratti. Non ha afferrato l’occasione offerta dalla collera di migliaia di cittadini, che avevano sperato in Stefano Rodotà : dunque in una democrazia rifondata, che chiudesse il ventennio berlusconiano. Ha evitato euforiche piazze. Non è un comportarsi
populista.