“Pasini era una vittima ideale con la complicità di Banca Intesa”
MILANO – I pubblici ministeri Walter Mapelli e Franca Macchia non ci stanno. La derubricazione del delitto di concussione a corruzione e la carenza dei gravi indizi per il reato di finanziamento illecito ai partiti hanno permesso a Filippo Penati e a Giordano Vimercati, i due leader lombardi del Partito democratico di evitare il carcere. Ma ora chiedono al Tribunale del riesame di rivedere l’ordinanza.
“Pasini interlocutore ideale”
«Penati – scrivono i pm – non sceglie a caso, individua un imprenditore dell’edilizia, che è grosso, ma non troppo, attaccato alla sua città di adozione». Pasini non è il gruppo Caltagirone, il costruttore dell’area il Vulcano, capace di tener testa alle giunte locali, o il gruppo Zunino, l’erede di Pasini nel controllo dell’area Falck che può trattare alla pari (per Luigi Zunino, il reato è la corruzione). Pasini è in una situazione di debolezza, perché oltre alle pressioni di Penati è sottomesso alle banche, in particolare Banca Intesa. «Un’opposizione alle insistenze di Penati e alle sollecitazioni della Banca per l’area Falck avrebbe comportato seri fastidi a Pasini nella realizzazione dell’intervento Marelli», l’altro intervento a Sesto in cui Pasini era impegnato.
Banca Intesa, “complice”
Le operazioni Falck e Marelli vanno messe insieme non solo perché sono operazioni con controparte il Comune, ma perché finanziariamente legate con Banca Intesa. E il pm si chiede «se Banca Intesa non avesse un interesse proprio da perseguire oltre alla normale attività di erogazione del credito». La risposta la offre lo stesso Pasini: «Contestualmente alla decisione della banca di costruire la nuova sede a Sesto, Baraggia (di Banca Intesa n.d.r.) mi chiese di rilevare l’area Falck, facendomi presente che sarebbe stato un ottimo affare sia per me, sia per loro che volevano impedire lo sbarco della Banca di Roma a Milano per ragioni di prestigio». La Banca è insieme ai soggetti politici l’elemento di continuità nella riqualificazione dell’area Falck. È Banca intesa, insieme con Penati a spingere Pasini all’acquisto ed è sempre Banca Intesa a sostituire il costruttore con Zunino nel 2005 e con Bizzi nel 2010. «Appare poi significativo – si legge nell’appello – il ruolo di Banca Intesa nella costituzione della provvista per “la stecca” in Lussemburgo», ovvero i 4 miliardi che l’imprenditore Piero Di Caterina riceve da Pasini per conto di Penati. Per i pm, «La celerità nell’accredito della somma e la successiva movimentazione di denaro inducono a ritenere che la Banca, nella persona di Baraggia, come sostiene Pasini, fosse assolutamente consapevole e complice nell’illecito».
“Prestiti alla politica”
I pm ritengono che esistano anche i gravi indizi per il reato di finanziamento illecito, in quanto Di Caterina versava sistematicamente i soldi al Pd. «Concessi loro – mette a verbale – anche dei piccoli finanziamenti sopportando le spese per la stampa dei manifesti elettorali, per il noleggio di furgoni e per altre attività . Ho consegnato due volte 100 milioni di lire a Giuseppe Carrà , le altre somme le ho consegnate a Giordano Vimercati. Le somme date a Vimercati sono in parte finite a Castelli Giancarlo all’epoca segretario del Pds di Sesto. Mi chiesero di andare da Schwarz, proprietario di Multimedica per ritirare dei contributi alla fine degli anni 90».
Telefoni controllati
I pm parlano di «sistematica attività di inquinamento istruttorio, della pressione esercitata da Penati su Pasini». Il costruttore ricostruisce l’incontro avvenuto davanti al palazzo della Regione. Penati gli dice: «”lei, Giuseppe, sa che io non ho preso una lira, sa che io di quattrini non ne ho”. Ho percepito che queste sono le indicazioni da tenere presente in caso di convocazione». Per i pm, è desolante constatare come un politico con importanti incarichi «adotti le stesse cautele di un delinquente matricolato». Più grave è la rete che lega Penati e Vimercati in funzione anti investigativa. «La segretaria di Vimercati chiama Franco Maggi, portavoce di Penati, avvisandolo di essere stata convocata in procura. E la teste non aiuta le indagini, tanto che Maggi invia a Penati un sms: “no tel no news no problem”. La signora però confida al telefono: «Ieri sera è venuto Vimercati, chiaramente la cosa si è ripercossa a Roma.. cioè.. un casino.. hanno tutti i telefoni sotto controllo..”». Pasini è avvicinato anche da Vimercati. «Crede che il mascalzone in questa vicenda sia stato Penati perché non ha tenuto fede alle promesse, cosa che se fosse avvenuta avrebbe reso tutti felici e contenti».
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