“P4, associazione a delinquere Bisignani deve andare in carcere”

by Sergio Segio | 10 Agosto 2011 6:42

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NAPOLI – La certezza di una estate dietro le sbarre per il parlamentare Pdl (ed ex magistrato) Alfonso Papa era arrivata con il rigetto dell’istanza di scarcerazione da parte del tribunale del Riesame di Napoli lo scorso 5 agosto. Ma ora viene confermata l’accusa più pesante, quella che il gip aveva respinto di fatto facendo traballare l’intero impianto accusatorio della oramai nota inchiesta P4. Domanda chiave: erano il parlamentare Papa, l’uomo d’affari Luigi Bisignani e il carabiniere Enrico La Monica i protagonisti di un unico disegno criminale, collegati tra loro per ottenere informazioni riservate su procedimenti penali in corso e ottenerne vantaggi? Il tribunale del Riesame risponde ieri: sì, erano una associazione per delinquere. Sì, il loro obiettivo era quello di «commettere un numero indeterminato di reati» contro il «buon andamento delle istituzioni dello Stato». È così stato messo anche un macigno davanti alla porta della cella di Papa già  chiusa a doppia mandata dal 5 agosto con le accuse di concussione, favoreggiamento e segreto d’ufficio.
Non solo. Comincia ad aprirsi la porta del carcere anche per Luigi Bisignani – oltre che per il carabiniere latitante La Monica – a tutt’oggi agli arresti domiciliari con l’accusa di favoreggiamento. Un arresto non imminente, si dovrà  aspettare l’esito del ricorso in Cassazione da parte dei suoi legali. E per Papa se la Cassazione darà  ragione al Riesame, dovrà  essere presentato un nuovo provvedimento per il parlamentare alla Camera che a sua volta dovrà  pronunciarsi. Tempi lunghi, ma viene messo intanto un punto fermo: l’inchiesta della procura napoletana è stata fatta su solide basi. E la seconda decisione del Riesame a favore dell’accusa elimina altri dubbi sulla competenza territoriale sollevata dalla difesa. «Una decisione per cui esprimo grande soddisfazione – dichiara il procuratore Giovandomenico Lepore finalmente in partenza per le ferie – Come è evidente il rafforzamento di tutta la tesi accusatoria».
Dunque prima il rigetto dell’istanza di scarcerazione, a stretto giro l’accoglimento dell’appello dei magistrati quanto ad associazione per delinquere. Due provvedimenti sulla base in primo luogo dell’ordinanza di custodia cautelare del giugno scorso. Scrivono i pm di un «sistema davvero perverso, i cui protagonisti sono veri e propri mercanti in nero di notizie e di informazioni segretate e riservate». E poi gli atti depositati dall’accusa. A cominciare dalla prova della pen drive con la rubrica telefonica di Alfonso Papa nella borsa della moglie del carabiniere La Monica in partenza per il Senegal per raggiungere il marito latitante e bloccata a Malpensa. Legami stretti tra gli indagati per l’uso di notizie utili a commettere «una serie indeterminata di reati», secondo il Riesame. Oltre alle dichiarazioni degli imprenditori che legano i nomi degli indagati l’uno all’altro. E alle intercettazioni, ai contatti continui tra parlamentare, faccendiere e carabiniere che prendono appuntamenti per «parlare di cose importanti». Si servono di schede telefoniche intestate ad altre persone, di qui l’accusa di ricettazione. Nell’Appello di sessanta pagine avevano scritto i pm: «Luigi Bisignani, il deputato Alfonso Papa e il carabiniere Enrico La Monica avevano costituito un’associazione che acquisiva informazioni riservate su provvedimenti penali in corso, con lo scopo di utilizzarle per tutelare e avvisare amici inquisiti e ottenere soldi da imprenditori coinvolti». In trentasei pagine il Riesame accoglie.

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