“Il buco del San Raffaele è nato in Italia dalla cupola all’energia, ecco tutti gli errori”
MILANO – «Il buco, come lo chiamate voi, è nato in Italia. È inutile andarlo a cercare altrove. Le piantagioni e l’aereo fanno colore, ma i veri errori sono altri». Renato Botti, il superconsulente del San Raffaele che con Enrico Bondi ha il compito di riportare sulla retta via i conti e la gestione dell’ospedale fondato da don Luigi Verzè, non si lascia distrarre dalle sirene di questi giorni. La Fondazione San Raffaele è stata messa in ginocchio da un miliardo di debiti, soldi che in parte potrebbero essere stati anche dissipati in investimenti sbagliati all’estero o in attività non strategiche, ma che per la maggior parte sono andati a coprire opere eccessive che sono qui, sotto gli occhi di tutti.
Come si è arrivati a un passivo così eclatante?
«Gli errori sono stati commessi in via Olgettina. Il peso degli investimenti nel Dibit2 e nell’impianto di produzione di energia elettrica è stato straordinario. Per costruire il mastodontico centro di ricerca di medicina molecolare e l’università sono stati spesi oltre 200 milioni di euro. Altri 110 sono serviti per creare una joint venture nel settore energetico con il gruppo Grossi».
Ma non se n’è accorto nessuno? Lei era al San Raffaele già nel 2003?
«Ho avuto tre mandati, mi occupavo soprattutto dell’area sanitaria. Il mio primo mandato è durato dal 2003 al 2005, il secondo fino al 2008, mentre il terzo non si è concluso. Le divergenze con don Verzè erano diventate insostenibili. Inoltre più cresceva la mia conoscenza dei meccanismi gestionali, più mi venivano tolte le deleghe operative. Era diventato impossibile lavorare».
Lei ora è tornato. Funziona l’area sanitaria?
«L’area sanitaria, la vera macchina produttiva del San Raffaele funziona bene ed è sana. È la migliore in Italia. Si produce cassa, margini e utili. Nel 2010, ad esempio, ha generato 20 milioni di profitti operativi e 4 di utile netto. Ma se viene caricata di costi eccessivi va in crisi. La ricerca e l’università , pur essendo fondamentali per il San Raffaele, non danno per ora reddito. È già un risultato notevole se chiudono in pareggio».
Non bisognava quindi investire in quei settori?
«Si deve investire, ma tenendo d’occhio sempre le reali esigenze dell’ospedale. La cupola è costata davvero tanto. E anche l’idea di produrre indipendentemente l’energia andava ponderata con gli oneri che avrebbe comportato. La nostra bolletta elettrica oggi costa più dei normali prezzi di mercato perché dobbiamo scontare anche i costi di costruzione dell’impianto».
A marzo tuttavia i margini della gestione erano in calo?
«Deve tener presente che l’ospedale non viene gestito da almeno un anno. Si sta vivendo in una situazione di costante emergenza. I fornitori aspettano pagamenti da più di 500 giorni».
È giunto il momento di mettere mano ai costi. A lei spetterà l’area sanitaria…
«Taglieremo dove sarà possibile tagliare, dove c’è inefficienza. Ai dipendenti però abbiamo già spiegato che il nostro sarà un piano di crescita. E lo metteremo a punto entro il 15 settembre, come previsto».
Non andrete quindi a licenziare personale o a toccare i contratti a tempo determinato?
«Abbiamo già fatto alcuni incontri con le rappresentanze sindacali. Sono in programma addirittura delle assunzioni».
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