“Guerriglia nei Cie, è strategia della violenza”

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ROMA – «Ci venivano addosso con una violenza plateale», racconta un dirigente della Digos di Bari, «avevano pianificato gli scontri e la possibilità  di attirare attenzione». Novantotto feriti dopo la guerra di Palese, periferia aeroportuale di Bari (molti poliziotti e carabinieri, qualche passante, nessun immigrato). Ventotto centrafricani arrestati per lesioni e violenza, in attesa di processo per direttissima. Ghanesi, ivoriani, ragazzi del Mali, del Burkina Faso, del Niger. Nessuno di loro parla italiano. Tre pullman sfasciati, auto della polizia sfondate, passeggeri fatti scendere dagli autobus di linea e picchiati, due poliziotti ricoverati con i denti spaccati dalle pietre lanciate con le kefiah, fionde improvvisate. Oltre duecentomila euro i danni al centro per i richiedenti asilo (il Cara di Palese, appunto). Dall’altra parte del Sud, alle porte di Crotone, trentatré fra poliziotti, carabinieri e finanzieri refertati al pronto soccorso, ventun mezzi danneggiati. E quattro nigeriani arrestati, tra loro una donna.
Tutti insieme – prima i rivoltosi del centro d’accoglienza di Bari, a seguire quelli di Crotone per imitazione – nella giornata di lunedì hanno bloccato binari, statali e tangenziali, intasato aeroporti. La scorsa settimana focolai di rivolta dei clandestini c’erano stati a Roma (al centro di Ponte Galeria, dove gli immigrati hanno denunciato pestaggi), a Catania (il Cara di Mineo), ancora a Lampedusa. A Bari negli ultimi tre mesi la situazione era cresciuta d’intensità . A maggio, le marce degli africani verso la Prefettura: «Chiediamo asilo politico e restiamo un anno in attesa di una risposta». Sono seguite due occupazioni di binari, risolte pacificamente. Ma la guerra in Libia, nel frattempo, ha portato verso la Sicilia migliaia di nuovi profughi rimbalzandoli poi nei ventidue centri di accoglienza italiani. E la discussione al Senato sul decreto Maroni – approvato ieri, prevede l’allungamento a diciotto mesi della detenzione di un clandestino in un centro Cie – ha trasformato le richieste di maggio in violenze organizzate. «Trattiamo gli immigrati peggio dei mafiosi», dice il senatore Udc Gianpiero D’Alia.
Alla Prefettura di Bari spiegano: «Ci sono stati contatti telefonici tra i migranti di Palese e quelli di Crotone». Gli investigatori raccontano: «A Bari in trecento hanno preso prima il binario delle Ferrovie dello Stato, poi quello locale, quindi la tangenziale che porta alla statale 16 bis. Gli attacchi contro le persone e i reparti mobili della polizia erano precisi, compatti, tesi a far male». Sulla strategia della violenza per ottenere permessi di soggiorno umanitari Franco Gabrielli, commissario straordinario per l’immigrazione, dice: «Questi migranti vogliono ottenere il permesso di soggiorno in Italia e sanno che diecimila su ventitremila non ce la faranno: saranno rimpatriati. Disperati, in molti vogliono alzare l’attenzione sulla loro questione con forme di violenza organizzata. Sperano di ottenere il risultato raggiunto dai tunisini: chi non potrà  avere lo status di rifugiato, otterrà  quello garantito dalla protezione umanitaria. Credo che il governo non cederà ».
Ecco, i “dublinanti” di Crotone (chiedono l’applicazione degli accordi di Dublino) già  minacciano di tornare ad occupare le strade: 150 agenti antisommossa stanno limitando i loro movimenti, altrettanti sono stati schierati a Bari Palese. «C’è il rischio che nuove rivolte esplodano al Nord», dicono al ministero dell’Interno mentre il sottosegretario Alfredo Mantovano sta scendendo alla Prefettura di Bari per un incontro urgente. Intanto il governo ha fatto proprio un ordine del giorno della Lega Nord: chiede l’aiuto della Nato nel pattugliamento del Mediterraneo e il controllo dei flussi migratori dal Nord Africa.


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