PROCESSO SENZA PATIBOLO

by Sergio Segio | 25 Agosto 2011 6:46

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La Corte dell’Aja è stata investita dei crimini dei dirigenti libici dal Consiglio di sicurezza dell’Onu e ha già  emesso ordini di cattura contro il raìs e suo figlio Seif al Islam. Ma, in principio, è sempre meglio che processi penali vengano svolti davanti alle corti del paese in cui sono stati commessi i crimini, non solo perché è più facile per quelle corti raccogliere le prove, ma anche e soprattutto per la più immediata visibilità  che ha un processo che si svolge davanti agli occhi di coloro che hanno sofferto dei crimini commessi dal gruppo dirigente del paese. I tribunali internazionali sono e devono essere solo un ripiego: subentrano quando la giustizia nazionale non funziona o non riesce ad essere giusta, e mirano ad evitare che processi nazionali costituiscano una resa dei conti tra fazioni rivali, una “notte dei lunghi coltelli”, un modo per il vincitore di vendicarsi dei misfatti del vinto. Il Consiglio Nazionale di Transizione può dunque chiedere alla Corte dell’Aja di “autorizzarlo” a celebrare un processo contro Gheddafi e i suoi, a condizione di dimostrare di essere capace di tenere un processo equo e imparziale, e non un processo come quello che si svolse a Bagdad contro Saddam Hussein, che fu abborracciato e non imparziale e portò all’impiccagione del leader vinto.
A mio giudizio i nuovi dirigenti libici possono seguire due strade. La strada maestra consisterebbe nella rapida approvazione di una legge che istituisca un tribunale a composizione mista, ad esempio con tre giudici libici e due giudici eminenti di paesi arabi (che potrebbero essere designati dal Segretario Generale dell’Onu), e preveda una procedura rigorosa e imparziale. Prima della sua approvazione la legge dovrebbe essere sottoposta al vaglio del presidente della Corte penale internazionale, perché accerti se la procedura risulta conforme ai più alti standard internazionali.
Se i dirigenti libici dovessero invece preferire a un tribunale misto un tribunale esclusivamente libico, dovrebbero sottoporsi a un rigoroso controllo internazionale: dovrebbero consentire a una o più persone designate dal Segretario Generale dell’Onu e dal presidente della Corte Penale Internazionale di assistere al processo e riferire all’Onu e alla Corte dell’Aja. Ove il procedimento dovesse risultare ispirato a motivi di vendetta o risultasse iniquo, la Corte dell’Aja potrebbe immediatamente avocare il processo, e chiedere il trasferimento degli imputati all’Aja. In entrambi i casi sarebbe però indispensabile che venissero osservate due condizioni. Anzitutto, dovrebbe essere vietata la pena di morte, che è contraria ai principi fondamentali di umanità  ed è esclusa da tutti i tribunali penali internazionali. In secondo luogo, la competenza dei giudici libici dovrebbe essere limitata ai crimini per fatti avvenuti dopo il 15 febbraio. I giudici libici non dovrebbero pronunciarsi sui misfatti attribuiti al quarantennale regime del raìs, ma solo sui crimini perpetrati con la repressione dei civili iniziata a febbraio di quest’anno. Come ho già  notato altre volte, le dittature e il loro disprezzo dei diritti umani sono materie non per i giudici, ma per la politica: è solo attraverso procedure politiche (libere e genuine elezioni e la creazione di uno stato di diritto) che si può provocare un ricambio nei regimi. Il mestiere dei giudici è quello di giudicare i reati di singoli individui, non le politiche di clan o partiti politici.
Un processo in Libia contro Gheddafi e i suoi, se condotto in modo imparziale e rigoroso, avrebbe il vantaggio di stimolare il nuovo gruppo dirigente libico a dare prova di una svolta decisiva nel mondo arabo verso la democrazia, la trasparenza e l’affermazione dello stato di diritto. Inoltre, visto che finora processi contro dittatori (Pinochet, almeno per la sua estradizione, Milosevic, Taylor, Karadzic) sono stati svolti solo davanti a tribunali stranieri o internazionali, e che l’unico esempio di processo nazionale è quello, fallito, contro Saddam Hussein, un equo processo in Libia contro Gheddafi segnerebbe una grande vittoria anche per la giustizia penale.

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