by Sergio Segio | 28 Agosto 2011 6:51
Adesso che la furia dell’uragano Irene s’è scatenata sulla terra resta solo da sperare che Dio risparmi gli Stati Uniti d’America.
La violenza di Irene sconvolge l’East Coast e l’esodo di due milioni e mezzo di evacuati trasforma la parte più ricca degli States in un angolo da Terzo Mondo. Irene s’è già avventata sulle ferite di Washington scossa meno di una settimana fa dal terremoto che da queste parti è raro proprio come un uragano. La capitale è esplosa in un inferno di sirene e chiamate d’emergenza. E oggi la furia raggiunge New York fino a ieri ancorata all’ultima speranza: l’uragano – già indebolito da forza 2 a 1 – degradato in tempesta tropicale. E ieri pomeriggio anche un piccolo terremoto – magnitudo 2,9 – con epicentro ad Albany, capitale dello stato di New York.
Il mostro atmosferico che i meteorologi disegnano grande come l’Europa – ma a colpire basta il suo cuore “piccolo” come la California – s’è presentato con tutta la sua furia alle 7.30 di ieri sulla costa di Cape Lookout. Sembra una tragica beffa. Lookout vuol dire vedetta: stare in guardia. «Saranno 72 lunghissime ore» dice la Vedetta in Capo Barack Obama che piomba a sorpresa nel quartier generale della Protezione civile. Il presidente siede al tavolo dei tecnici – niente giacca e cravatta, maniche arrotolate – e chiede di restare continuamente informato: 24 ore su 24. Lui c’è: questo il messaggio. Dimenticate il fantasma di George W. Bush che nelle ore di Katrina restò – appunto – un fantasma. Ma ormai la tragedia è tra noi. Dal North Carolina al Maryland si contano già i primi morti. C’è un poveretto che è stato spazzato via mentre tentava di mettere in sicurezza la casa. Un altro andato fuori strada. Un surfista imprudente, un paio colpiti dagli alberi. E stessa orribile fine anche per un bambino di 11 anni.
Ma è solo la prima e approssimativa contabilità . È inevitabile: sarà inevitabile. Gli Usa sono abituati. Da questa primavera a oggi tornado e uragani hanno fatto centinaia di vittime: Texas, Missouri, Mississippi. Ma questa è la costa orientale. Questa è la terra dove mica per caso si stabilirono e prosperarono i primi coloni. La più sicura. La più ricca. E quindi la più popolata. Il 20 per cento degli americani vive nell’area. Solo una follia meteorologica ha spinto Irene fin qui: uno di quei giochi crudeli che tra furia dei venti e altalena di pressioni le hanno fatto saltare la Florida – per adesso graziata dalla tragica tassa – e puntare dritto. Il governatore Charlie Christie si dispera e appare anche lui, grosso e arruffato – a implorare la popolazione a lasciare quel Jersey Shore – la costa del New Jersey – fino a ieri conosciuta solo per il reality show più tamarro. L’Atlantic City dei casinò è devastata: è la città di “Boardwalk Empire” dove svernò Al Capone e centinaia di persone rifiutano l’evacuazione. Affonda Ocean City di Gay Talese. Affonda l’Asbury Bark di Bruce Springsteen. Milioni di persone senza energia elettrica. Perché non è solo pioggia e distruzione. Lo dice Obama: «La preoccupazione maggiore sono le alluvioni e l’interruzione di energia». Le alluvioni sono favorite dalla pioggia che è già caduta abbondante nei giorni scorsi facendo alzare il livello dei fiumi. L’acqua ha anche già martoriato il terreno indebolendo la tenuta degli alberi: Irene li spazzerà via come birilli. Alberi e tralicci: linee elettriche spezzate in aperta campagna. Mentre in città alluvione vuol dire allagamenti e tubature dell’acqua potabile a rischio. Quante decine di miliardi costerà tutto questo?
Il più allarmato è proprio il governatore del New Jersey: «Tenete pronto cibo e provviste per cinque giorni». Cinque giorni? Nessuno per la verità è preparato a un’emergenza così lunga. Ma l’uragano non è stato “downgradato”? La potenza non si è ridotta a Forza 1? «Non preoccupatevi se si tratta di categoria 1, 2, 3 o 4» dice sbrigativamente l’esperto Brian McNoldy. «Se vivete sulla costa non vorreste comunque trovarvi là . Non è il vento il problema».
Il vento è appunto quello che misura l’intensità dell’uragano. Irene è partita a oltre 200 all’ora dalle Bahamas: categoria 3. Un gradino sotto l’apocalisse. Oggi soffia a 130 chilometri all’ora: categoria 1. E il segretario alla Sicurezza nazionale Janet Napolitano è quella che si fa meno illusioni. Obama dice agli uomini della Fema, la protezione civile da qui, che stanno facendo un gran lavoro. Ma il ministro gela tutti. E ricorda che gli allarmi e il lavoro finora fatto sono poco niente: «È la fine dell’inizio» dice. Non è una bella notizia. Ma il contrario sarebbe ancora peggio: l’inizio della Fine.
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