Pressing dell’Europa: in Italia riforme con un voto ampio
BRUXELLES — Il cronometro della crisi economica non regala tempo a nessuno, le misure annunciate dall’Italia e da altre nazioni saranno applicate senza ritardi. Di questo si fa garante il presidente stabile dell’Unione europea, Herman Van Rompuy: «Sono in costante contatto e stretta consultazione con i leader dei Paesi direttamente coinvolti dalla crisi, con il presidente della Banca centrale europea e quello dell’Eurogruppo, per assicurare che tutte le decisioni prese siano applicate nei tempi stabiliti». Un solo esempio di questa rete di contatti: il premier greco George Papandreou ieri ha parlato per telefono con tutti i leader dell’Eurozona, poiché nel suo Paese è iniziato il conto alla rovescia in vista del 15 settembre, giorno in cui — è stato annunciato — finiranno i soldi per pagare stipendi e pensioni.
Molti occhi da Bruxelles sono rivolti in queste ore a Madrid, e a Roma. Con preoccupazione, ma anche speranza. La Commissione europea, attraverso il suo portavoce Oliver Bailly, fa sapere che «Italia e Spagna non hanno alcun bisogno di piani di salvataggio» e che le misure italiane sono «sufficienti per rassicurare i mercati». Mentre Olli Rehn, commissario Ue agli affari economici e monetari, conferma e ribadisce la sua analisi sull’Italia, anche all’indomani dei crolli nelle Borse: «data la gravità della situazione» — rileva in particolare — la strategia anticrisi annunciata dal governo italiano «dovrebbe godere di un ampio sostegno attraverso lo spettro politico» del Paese. Cioè: del sostegno di maggioranza e opposizione, poiché dal pozzo si esce con misure bipartisan, condivise.
Il commissario europeo rielenca dunque le decisioni romane: «Il pacchetto dovrebbe comprendere un’accelerazione del previsto pareggio di bilancio dal 2014 al 2013… e il fatto che lo stesso principio del pareggio sia racchiuso nella Costituzione»: questa modifica costituzionale, sottolinea ancora Rehn aggiungendo all’enunciato italiano la propria interpretazione, «dovrebbe incoraggiare la liberalizzazione e l’apertura delle professioni “chiuse”». Poi, in fondo all’elenco, un’altra proposta di Roma che è anche la sintetizzazione delle altre: «Una riforma del mercato del lavoro, da negoziarsi — aggiunge il commissario — con le parti sociali». Anche qui, dunque, viene ripetuta la precisa indicazione sulla necessità di condivisione, di riforme bipartisan.
Questi consigli si allineano a quelli delle altre istituzioni internazionali. Ma allora il governo italiano è davvero — se ne discute negli ultimi giorni — «commissariato», segue gli ordini della Ue? La risposta ufficiale della Commissione Europea è un «no» reciso, attraverso la portavoce Chantal Hughes: «Questa non è un’interpretazione corretta dei fatti».
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