Piazza Affari brucia 22 miliardi, Fiat giù del 12%

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MILANO – Ancora una giornata da dimenticare. Senza un attimo di respiro, senza spiragli. Cominciata male, la seduta è finita peggio, con un nuovo calo da record – il 6,15% in meno per l’indice dei titoli a maggior peso – in una giornata che ha bruciato a Piazza Affari 22 miliardi di capitalizzazione, maglia nera in Europa. E’ come se in un giorno fossero spariti dal listino Intesa Sanpaolo, Bpm e Fonsai mentre Unicredit e Finmeccanica insieme valgono appena un pochino in più.
Anche i titoli di Stato, sostenuti in questi giorni dagli acquisti della Bce, ad un certo punto hanno alzato bandiera bianca e lo spread tra i Btp e i Bund tedeschi è tornato ad aumentare. Lontano dai valori drammatici di inizio mese, ma comunque in crescita, dai 273 punti dell’apertura ai 284 dell’ultima rilevazione. Un po’ meglio, fortunatamente, del minimo di seduta, toccato in corrispondenza del dato sull’indice manifatturiero di Filadelfia che ha letteralmente gettato nel panico i mercati e fatto raddoppiare le perdite a Piazza Affari.
Così, in una raffica di sospensioni per eccesso di ribasso che ha interessato una decina di titoli “big”, a Palazzo Mezzanotte è andata in onda una nuova epopea per banche, assicurazioni, titoli ciclici. A partire dalle aziende del Lingotto: Fiat industrial, la peggiore, ha lasciato sul campo più del 13%, Fiat spa ha sfiorato una perdita del 12% (tra scambi frenetici e volumi molto forti) mentre la controllante Exor ha perso il 9%. Ma non poteva andare bene al settore finanziario, in un giorno che ha visto persino riaffacciarsi negli Stati Uniti i timori della Fed per la tenuta delle sussidiarie europee in America, secondo quanto scrive il Wall Street Journal. E allora, giù in caduta libera Intesa (-9,26%) Banco Popolare (-7,7%) e Bpm (-7,4%) quest’ultima a pari merito con Unicredit, che ieri ha nuovamente perso la quota simbolica di un euro come valore delle azioni. Quando le vendite picchiano duro le distinzioni quasi non esistono, però certo chi è più debole paga pegno in modo ancora peggiore: così Fonsai ha lasciato sul terreno il 12,36% (e la controllata Milano assicurazioni il 6,5%) mentre Generali si ferma a – 4,83%.
I venditori si sono accaniti anche sui titoli dell’energia, che ancora scontano la maggior imposizione fiscale prevista nella manovra: Enel – 5,4%, Eni – 4,8%, Saipem – 6,6%. Ma poi ce n’è per tutti: scende dell’8% Buzzi, zavorrata dai risultati non belli della svizzera Holcim, scende Finmeccanica (-9,3%) insieme a Impregilo (-8,66%) a Stm e a Pirelli (entrambe un po’ sopra il 9% di perdita) perché in un contesto di così forti timori per la crescita non possono essere premiati titoli industriali strettamente legati all’andamento dell’economia. Alla fine, sul campo si contano le perdite: da gennaio, Piazza Affari ha lasciato sul terreno un quarto del suo valore (la peggiore in Europa) e negli ultimi 10 giorni ha espresso la volatilità  più alta del Vecchio Continente (solo il Nasdaq è ancora più ballerino).


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