Pensioni, la Lega apre a ritocchi

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CALALZO DI CADORE (Belluno) — Nella saletta dell’hotel Ferrovia di Calalzo, il clima è peggio che cupo. I manifestanti che contestano Umberto Bossi, Roberto Calderoli e Giulio Tremonti c’entrano. Tanto che il Senatur abbandonerà  in nottata l’albergo ormai assediato. Ma non è tutto lì. Racconta chi era presente nella blindatissima saletta dalle pareti in legno che il leader leghista vorrebbe parlare con il superministro della manovra bis, ma lui ha altro per la testa. Non si stacca dalle notizie che arrivano dai listini di mezzo mondo.
Quel che più preoccupa Tremonti sono i tracolli di Francoforte e Wall Street: «Poi toccherà  alla Francia — profetizza —, è la più esposta sul debito Usa». Erminio Boso, cuore sanguigno della Lega trentina, la butta lì: «Ma non sarebbe il caso di dire a Berlusconi di farsi da parte?». La risposta, sia da Bossi che da Tremonti, è secca: «Macché. In una situazione come questa, sarebbe un disastro». Poi, a Tremonti viene attribuita una considerazione che già  Bossi aveva fatto alcune notti fa in Trentino. E cioè, che la crisi politica farebbe avvitare la crisi finanziaria. E il deprezzarsi delle nostre banche aprirebbe la strada a shopping selvaggi da parte dei giganti del credito francese e tedesco. Ma Tremonti si è comunque mostrato fiducioso sul fatto che gli eurobond, appena respinti dalla coppia Sarkozy-Merkel, possano alla fine arrivare: «Li vogliono gli industriali tedeschi». Certo è che il rapporto tra il capo leghista e l’uomo dell’Economia resta assolutamente saldo. Come aveva detto in nottata Bossi, «Tremonti si sente sicuro quando è con noi, non si sente abbandonato in mezzo ai lupi». Subito prima, il leader padano aveva raccontato della sua telefonata di scuse a Renato Brunetta, definito a Ferragosto «nano di Venezia»: «Qualche volta ci si fa prendere…».
Resta da capire se le pressioni concentriche su Bossi — da buona parte del suo partito, di Tremonti e Berlusconi, con cui ieri si è sentito al telefono — per arrivare al superamento del «no» a qualsiasi intervento sulle pensioni sortiranno effetto. Se ieri il capo padano ha ribadito che la rigidità  del Carroccio sul tema è stata «assolutamente corretta», un segnale di un possibile ammorbidimento potrebbe essere la convocazione per lunedì della segreteria politica del movimento, come chiedeva Roberto Maroni. E anche Calderoli, cauto, ha osservato che «se c’è l’esigenza» di ritocchi, «lo si faccia con uno scivolo di una durata sufficiente, perché l’unica cosa che non si può fare è mettere in discussione i diritti acquisiti».
Ma in Cadore è un’altra giornata di passione. La presenza dei ministri leghisti catalizza le proteste più diverse. Il sindaco di Calalzo, Luca De Carlo, eletto in una lista civica del Pdl, piazza di fronte alle finestre dei padani uno striscione che chiede «lasciateci scegliere», per chiedere il ritorno del voto di preferenza. E poi c’è il presidente della Federalberghi bellunese, Gildo Trevisan, che domanda «non solo tagli, ma anche sviluppo». Ma il gruppo senz’altro più numeroso — qualche decina di manifestanti — è quello organizzato dall’ex presidente della Provincia di Belluno Sergio Reolon (Pd). Un gran lenzuolo con la scritta «Bossi e Calderoli non siete i benvenuti» e una serie di cartelli, da «lavoro cancellato» a «dignità  cancellata». A loro si uniscono gli «autonomisti», che vogliono una nuova Regione Dolomiti che fonda le Province di Trento, Bolzano e Belluno. Bossi non li riceve. Ma ai ministri tocca vivere blindati. Pranzano all’hotel Ferrovia, ma quando vogliono prendere una boccata d’aria — Bossi sfodera l’ormai celebre canotta —, tra loro e il resto del mondo si frappone un’inedita schiera di forze dell’ordine. Da un’automobile partono salve d’insulti. Poi, Tremonti va ad inaugurare un elettrodotto tra il Veneto e il Friuli, prima che l’intero gruppo si chiuda in baita a Lorenzago per festeggiare il compleanno di Tremonti. Tra i regali, il libro «È facile resistere alla preoccupazione se sai come farlo». Ma dalla baita Bossi non tornerà  più all’hotel Ferrovia. Pochi minuti prima dell’una di notte, la scorta del ministro lascia l’albergo. La vacanza in Cadore è finita. In anticipo.


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