Patrimoniale, il premier in trincea contro l’una tantum di Tremonti

by Sergio Segio | 11 Agosto 2011 7:11

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ROMA – Il Cavaliere resiste, punta i piedi fino all’ultimo. «La mia faccia – ripete a Tremonti e agli altri ministri del Pdl – non ce la metto su una nuova tassa. Inventatevi qualcos’altro, anche Bossi è d’accordo con me». Anche perché la «nuova tassa» in questione ha un sapore antico, nel Pdl c’è già  chi l’ha ribattezzata «eurotassa». Proprio come quella decisa dal governo di Romano Prodi nel 1996, che consentì all’Italia di ridurre in corsa il deficit dello 0,6% e salire, per il rotto della cuffia, sul treno dell’euro. L’allora Forza Italia fece fuoco e fiamme contro Prodi, adesso la nemesi impone a Berlusconi di mettere la sua firma sullo stesso balzello. Oggi come allora, l’Italia rischia grosso. «Dobbiamo trovare 30 miliardi di euro prima di ferragosto», riassume terrorizzato un ministro dopo la riunione serale con Tremonti.
Così, tra una riunione e l’altra, inizia il pressing per far accettare al premier l’inevitabile. Non sarà  chiamata patrimoniale, termine tabù nel centrodestra. Non colpirà  il patrimonio ma il reddito (a partire, sembra, da 60 mila euro), ma la sostanza politica non cambia. Si tratta di un’imposta una tantum. Di questo «contributo straordinario di solidarietà  sui redditi medio-alti» si inizia a parlare già  all’ora di pranzo, al quinto piano di Montecitorio, dove il segretario del Pdl Alfano incontra i capigruppo di Camera e Senato, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, insieme ai loro vice Massimo Corsaro e Gaetano Quagliariello. C’è anche Maurizio Sacconi e parte una telefonata con Tremonti per sondare il terreno. La borsa italiana nel frattempo sta andando in picchiata, non c’è più tempo da perdere. Alfano, di fronte ai presenti, alza le braccia: «È inutile che ci giriamo intorno, alla fine qualcosa il governo dovrà  fare, servirà  un contributo una tantum per non tagliare le pensioni, è assolutamente inutile dividersi tra noi sulla patrimoniale». Un altro partecipante alla riunione è convinto che, alla fine, anche il premier si convincerà : «Visto che siamo di fronte a una crisi storica del capitalismo mondiale, se il governo riuscirà  a raddrizzare i conti Berlusconi sarà  considerato come un salvatore della patria. E nessuno si ricorderà  più del prelievo straordinario». Insomma, sembra ormai fatta. Ma nello stesso Pdl hanno sottovalutato la resistenza del Cavaliere. Che inizia a dire di «no» e poi «no e ancora no». «Perché non si può fare un condono? Ne abbiamo fatti tanti». Lo stallo è totale. Del resto anche nella Lega, che il premier riceve in serata a palazzo Grazioli, ci sono analoghe spaccature. L’ala guidata da Roberto Maroni ha digerito l’idea della patrimoniale (o eurotassa), anzi la vede come l’unica alternativa a un intervento tutto sbilanciato sulla previdenza. Il sindaco di Verona, Flavio Tosi, maroniano doc, a Repubblica l’ha detto chiaro e tondo: «Bisogna chiedere un sacrificio straordinario, aggiuntivo e una tantum ai titolari di grandi patrimoni e di rendite, anche quelle finanziarie». Reguzzoni e i compagni del cerchio magico si oppongono invece al prelievo con tutte le forze, mentre Umberto Bossi resta nel mezzo. Non la vorrebbe, ma nemmeno la esclude se dovesse servire a non abolire le pensioni di anzianità . Anche sulle pensioni la posizione del Carroccio è più flessibile di quanto appaia all’esterno dai toni stentorei della Padania. Al Cavaliere i leghisti sono andati a dire che l’unica, vera, trincea l’hanno scavata intorno alle pensioni di anzianità , quelle che spettano «ai lavoratori del Nord che hanno iniziato a versare prestissimo i loro contributi». Sull’innalzamento dell’età  pensionabile, come pure sul taglio drastico delle pensioni di reversibilità , il Carroccio è invece disposto a discutere. Anche Gianni Letta, raccontano, preferirebbe di gran lunga una imposta straordinaria rispetto al taglio delle pensioni. L’hanno capito anche le parti sociali, quando la Camusso a palazzo Chigi ha tuonato contro il governo che si appresterebbe a colpire i ceti più deboli. «Caro segretario – le ha risposto Letta – le assicuro che le sue preoccupazioni su chi colpire sono anche le nostre».

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