Organizzazioni scettiche sul confronto Camusso: il governo parte del problema
ROMA – Ci andranno tutte e 36 a riempire fino all’orlo la Sala Verde, ma lo spirito con il quale giovedì mattina le parti sociali convocate dal governo varcheranno il portone di Palazzo Chigi non contempla l’entusiasmo. L’incontro lo hanno chiesto loro, qualche giorno fa, sottolineandone l’urgenza, ma l’andamento della Borsa di ieri – per molti – ha fatto sì che dall’urgenza si passasse all’emergenza.
Le attese sono molte, visto che all’ordine del giorno c’è l’avvio di un confronto su «stabilità , crescita e coesione sociale», ma sono tanti anche i dubbi che il governo possa mettere sul piatto misure concrete e che – comunque sia – queste possano fermare la speculazione. La domanda che molti si fanno è: per convincere i mercati della stabilità del Paese basta cambiare la politica economica o va cambiato anche chi la decide? L’appello firmato mercoledì scorso dalle associazioni di imprese e sindacati chiedeva «un patto per la crescita» e una poco specificata «discontinuità ».
L’interpretazione del termine che dà Susanna Camusso, leader della Cgil, è molto chiara: «Il governo è parte del problema» anche se, precisa «non spetta a noi sostenere un governo tecnico. Consapevoli di questo andiamo al confronto e siamo pronti a farci stupire». La Cgil, si sa, mette sul piatto una richiesta forte: per avviare il confronto bisogna mettere mano alla manovra appena varata perché è «iniqua e depressiva». Meno netto, sotto questo profilo (e tanto meno sull’ipotesi di governo tecnico) il giudizio delle altre associazioni. Il filo comune che lega tutte le richieste è la preoccupazione per il Paese fermo e per il mancato sviluppo.
Lo ha già detto più volte Confindustria, che prevede per il 2011 un Pil sotto all’1 per cento. L’associazione conferma la sua presenza al tavolo (anche se avrebbe voluto un vertice unico con governo e opposizione), ma prima di esprimere giudizi e aspettative vuole ascoltare l’intervento sulla crisi che mercoledì Berlusconi farà alle Camere. Di attesa, ma con riserve, anche l’atteggiamento dell’Abi (l’associazione delle banche): «Non siamo né entusiasti, né ottimisti. Andiamo a sentire, poi valuteremo».
Ma che questa volta la posta sul piatto sia troppo importante per accontentarsi di annunci o poco più, lo dicono anche le associazioni che con il premier hanno sempre avuto rapporti distesi. La Confcommercio, per esempio. «Bene ha fatto il governo ha mettere in sicurezza i conti e a varare la manovra in tempi rapidi, ma la Borsa conferma che non è più sufficiente – dice il presidente Carlo Sangalli – Bisogna fare di più, di meglio e presto. Occorre un’agenda serrata per varare misure efficaci di sostegno alla crescita. Insomma: ci aspettiamo che la fase due parta subito». Di misure «straordinarie» parla anche la Cisl di Raffaele Bonanni che chiede: «riduzione immediata dei costi della politica, abolizione di province ed enti inutili comprese; sblocco delle opere pubbliche; incentivi fiscali e contributivi alle aziende che assumono disoccupati».
In realtà molti prevedono che il mega-incontro con le 36 associazioni possa concludersi con l’apertura di vari tavoli di confronto destinati a trarre le conclusioni entro fine agosto. Ad una mattinata di grandi annunci non ci crede nessuno.
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