Ora il premier teme l’autunno caldo “Anche Cisl e Uil chiedono segnali”

by Sergio Segio | 25 Agosto 2011 6:18

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ROMA – La grande paura che matura ad Arcore adesso è che lo sforzo non basti. Che tutto possa franare in un autunno caldo in cui la speculazione riprenda l’assedio. Che nonostante l’accordo da raggiungere con la Lega sulla manovra, il governo si ritrovi sotto attacco fuori dal fortino del Parlamento, perdendo anche il sostegno dei sindacati amici: Cisl e Uil. Dopo aver perso già  quello di Confindustria. Silvio Berlusconi e Maurizio Sacconi se lo ripetono con insistenza nelle ultime ore. «Bonanni e Angeletti ci hanno sostenuto per quattro anni, non ci molleranno proprio ora – ha rassicurato il premier il ministro del Lavoro – Il problema è che, dopo lo sciopero generale proclamato dalla Cgil, i due temono di non riuscire a tenere le pressioni della loro base».
È un campanello di allarme che non ha lasciato indifferente il Cavaliere. Tanto più che quelle preoccupazioni sulla tenuta interna al sindacato le ha messe in chiaro lo stesso segretario della Cisl Raffaele Bonanni nei trenta minuti di colloquio avuti nel primo pomeriggio con il presidente del Senato Schifani. Giusto fuori da Palazzo Madama, una manciata di ore prima, il leader della Cgil Camusso aveva urlato le ragioni dello sciopero generale confermato per il 6 settembre. «Se dal governo non arrivano segnali rassicuranti, i nostri non ci seguono» è la preoccupazione espressa dai capi di Cisl e Uil agli altri vertici Pdl. E per mettere a punto quei «segnali» Berlusconi adesso è al lavoro, in costante contatto coi suoi a Roma.
Al direttivo del gruppo col segretario Alfano si presentano in cento. Diventa un lungo «sfogatoio» e un processo a Tremonti e alla sua manovra. Si presenta anche Marco Milanese, deputato sotto inchiesta, ex braccio destro del ministro (lui tace). Diventa l’occasione per dar voce a tutti gli insofferenti, dai “frondisti” agli scajoliani, già  incontrati prima in separata sede dal segretario. Nessuna decisione, la parola finale come di consueto spetterà  al premier che illustrerà  il suo pacchetto di modifiche entro domenica, fa sapere Alfano. «Niente stravolgimenti o cade il governo» è la significativa sintesi di Gaetano Quagliariello. Ovvero, bisognerà  tenere conto della Lega e del veto sulla revisione del sistema pensionistico perché «non siamo su un’isola deserta ma in una coalizione» allarga le braccia Alfano. Messaggi rassicuranti all’indirizzo del Carroccio, ma non una chiusura del capitolo. Perché – spiegano dal Pdl – Berlusconi tornerà  alla carica sull’innalzamento dell’età  pensionabile, in occasione del faccia a faccia con Bossi.
Annunciato (ma non confermato) per lunedì, ieri circolava in via dell’Umiltà  l’ipotesi di un anticipo a domenica sera del confronto. Al quale potrebbe prendere parte Tremonti. Anche perché gli emendamenti alla manovra andranno depositati al Senato entro lunedì sera. Incontro col Senatur o meno, di certo il Cavaliere si prepara a un blitz mediatico sulla manovra nel fine settimana. Per «bruciare» e togliere la scena all’atteso intervento di Giulio Tremonti di sabato al Meeting di Cl, è la tesi più maliziosa. Nel nono giorno di seguito trascorso (a dieta) ad Arcore, Berlusconi intanto riceve la delegazione repubblicana guidata da Francesco Nucara, che gli esprime tutta la sua insofferenza per le sortite leghiste, oltre a lasciargli il documento con le richieste del Pri sulla manovra (pensioni, iva, abolizione delle province). Anche nei colloqui telefonici avuti in giornata coi suoi, il presidente del Consiglio si dice certo di un accordo finale con la Lega. Magari proprio a cominciare dalle pensioni, riprendendo la riforma Maroni per anticipare i tempi di entrata in vigore. Berlusconi dicono sia poi deciso a lanciare almeno un messaggio forte sulla cancellazione di tutte le Province, non solo quelle sotto i 300 mila abitanti. Soluzione caldeggiata da Cicchitto poi nel vertice serale. Peserà  anche qui il veto della Lega e tutto potrebbe risolversi in un simbolico ordine del giorno Pdl da approvare in aula col voto contrario dei leghisti. Saranno salvati invece i piccoli comuni, come annuncerà  stamattina Alfano incontrando il presidente Anci (e deputato Pdl) Osvaldo Napoli.
Quel che è certo è che si chiudono le porte a qualsiasi ipotesi di sostegno della manovra da parte del terzo polo. Casini, Fini e Rutelli illustreranno oggi la loro ricetta ma il patto tra loro già  esclude qualsiasi voto favorevole al testo. Anche se venisse smussato qualche angolo del decreto. E il vago corteggiamento che il premier starebbe tentando nei confronti del presidente della Camera, è destinato a cadere nel vuoto. «La nostra condizione è che lui si faccia da parte per favorire altre strade – raccontano i dirigenti finiani – Ma non è un’ipotesi che Berlusconi prende in considerazione».

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