Obama ai mercati: America da tripla A

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NEW YORK — «Anche se c’è un’agenzia di rating che la pensa in modo diverso, restiamo un Paese da tripla A. Uno che se ne intende, il finanziere Warren Buffett, dice che, se esistesse la quadrupla A, la darebbe agli Usa. Abbiamo grosse difficoltà , è vero, ma la buona notizia è che si tratta di problemi risolvibili che sappiamo come affrontare».
Rompendo il silenzio che si era imposto dalla bocciatura di Standard & Poor’s, venerdì sera, Barack Obama ieri ha pronunciato un discorso che, costruito con l’obiettivo di rassicurare i mercati, ha ottenuto l’effetto opposto. Dopo aver rinviato per due volte di mezz’ora la sua apparizione davanti alle telecamere, alla fine il presidente ha provato a pronunciare un discorso rassicurante, ma senza fornire alcun elemento di novità  né alcun impegno concreto. Cosa che, nel tesissimo clima attuale, ha finito per innervosire ancor più i mercati. Obama ha ripetuto che alla riapertura del Congresso a settembre, chiederà  la proroga degli sgravi contributivi per i datori di lavoro e dei sussidi di disoccupazione, ormai in scadenza. Misure non certo ambiziose. Per il resto, l’unica novità  è costituita dall’annuncio che, quando si insedierà  la supercommissione «bipartisan» che dovrebbe individuare i nuovi tagli strutturali della spesa pubblica, la Casa Bianca si farà  viva con un documento di suggerimenti riguardanti la modifica del sistema tributario e una limitata riduzione delle spese del Medicare, il sistema sanitario pubblico per gli anziani.
Nel suo breve messaggio, Obama non ha nemmeno menzionato il nome di S&P, ma dietro le quinte la battaglia tra il governo e l’agenzia di rating è andata avanti senza esclusione di colpi. I dirigenti della società  continuano a comparire su tutte le reti televisive per difendere il loro operato e minacciare nuovi «downgrading» del credito americano (ieri è toccato allo stesso presidente Deven Sharma scendere in campo). Ma anche il ministro del Tesoro, Tim Geithner, dopo aver ufficializzato la decisione di restare a fianco di Obama, rinunciando a un incarico nel settore privato, è andato all’offensiva: ha accusato Standard & Poor’s di aver mostrato in questa circostanza una «capacità  di analisi terribilmente carente», di aver fatto un lavoro mediocre, «corredato da una sbalorditiva ignoranza delle nozioni più elementari relative ai vari meccanismi del bilancio federale. È mia ferma convinzione che l’agenzia abbia tratto conclusioni totalmente sbagliate dall’accordo sul bilancio votato dal Congresso». Toni durissimi dietro i quali c’è la rabbia profonda del Tesoro per come S&P ha gestito la sua decisione «storica».
Giorno dopo giorno, emergono nuovi retroscena. La cosa che più ha fatto indispettire Geithner è che, dopo che il Tesoro ha scoperto un errore di calcolo di duemila miliardi di dollari nel comunicato sul «downgrading» e ha chiesto all’agenzia di prendersi il tempo necessario per rivedere tutto, S&P nel giro di appena un’ora, ha deciso di confermare la sua sconvolgente bocciatura. Con una disinvoltura che ha lasciato il governo senza fiato, l’agenzia ha sostituito seduta stante motivazioni che erano originariamente ancorate ai numeri, con altri argomenti di natura prevalentemente politica.


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