Niente allori per Merkel A Francoforte la borsa perde il 5 per cento

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È la più grossa frana dalle turbolenze che seguirono nel 2008 al fallimento della banca americana Lehman-Brothers. L’intervento della Banca centrale europea, che ha acquistato titoli di stato italiani e spagnoli, ha consentito un parziale recupero dei loro corsi, ma non è bastato a invertire la tendenza al ribasso, trainata dal declassamento del rating sul debito Usa.
In mancanza di esiti soddisfacenti, la cancelliera Angela Merkel raccoglie ben pochi applausi per essersi spesa nel fine settimana a favore dell’intervento della Bce sui titoli italiani e spagnoli, nonostante la forte contrarietà  della Bundesbank. Buona parte della stampa tedesca le ricorda che il debito italiano è un «pozzo senza fondo» (così la Welt) e che la Bce meglio farebbe a non accollarselo nemmeno in parte, per evitare che poi le banche nazionali dei singoli stati debbano ricapitalizzarla. Una trentina di deputati della coalizione di centro-destra condivide le obiezioni della Bundesbank. Proprio per rabbonire questa fronda, Merkel si vede costretta a insistere su segnali simbolici come l’introduzione di una norma «frenadebito» nella nostra costituzione, su modello tedesco: una bandierina che ha l’unico scopo di rassicurare la sua opinione pubblica.
Ben poca riconoscenza dall’Italia. La nostra stampa lamenta «il commissariamento» del governo italiano, costretto a anticipare il calendario di riduzione del deficit sotto il «diktat» di Parigi e Berlino, spesso con toni di offesa suscettibilità  nazionale. Fino al caso estremo, per volgarità  e stupidità , della prima pagina di Libero di sabato scorso.
Il quotidiano di Maurizio Belpietro pubblica una caricatura di Merkel in divisa da ufficiale delle SS, col teschio sul cappello e i baffetti alla Hitler. Titolo: «La Germania ci attacca per dominare l’Europa». L’occhiello recita «Heil Merkel». I siti online tedeschi riproducono la copertina, e la nazional-populista Bild-Zeitung, che lascerebbe volentieri cuocere nel loro brodo gli «spreconi» del Sudeuropa, coglie la palla al balzo per bollare la nostra ingratitudine: «Giornale italiano offende la cancelliera». Doppia ingratitudine, insiste il giornale, perché la poveretta ama trascorrere le sue vancanze in Italia. Solo domenica scorsa è rientrata a Berlino da una settimana di vacanza a Solda, in Val Venosta, spesa anche in telefonate con Sarkozy per sbrogliare la matassa.
Di qui il comunicato congiunto franco-tedesco di domenica sera, che ha dato luce verde all’intervento della Bce a sostegno dei titoli di stato italiani e spagnoli. Vi si apprezzano «le misure recentemente annunciate dall’Italia e dalla Spagna per un più rapido consolidamento del bilancio e per il miglioramento della competitività ». In particolare si considera «di fondamentale significato» l’intenzione italiana di anticipare al 2013 il pareggio di bilancio, un anno prima del previsto. Segue l’auspicio di un intervento della Bce, un passo che nei corridoi della Bundesbank viene considerato una pugnalata alle spalle: «Francia e Germania confidano che l’analisi della Bce costituirà  un fondamento adeguato all’intervento della Bce sui mercati secondari (la Banca centrale europea potrà  comprare Btp solo da banche e fondi assicurativi), qualora essa constati il ricorrere di rischi per la complessiva stabilità  finanziaria nell’area dell’euro».
Non si sa quanti miliardi la Bce abbia speso ieri in questo intervento, comunque insufficiente a rovesciare il clima. La discesa del Dax a 5.923 punti, poco sotto la soglia dei 6000 che viene cosiderata una sorta di linea del Piave (solo qualche settimana fa l’indice veleggiava oltre i 7000 punti), è una brutta botta.
Sulla flessione pesano anche problemi specificamente tedeschi. Proprio ieri il ministero dell’economia ha constatato che a giugno la produzione industriale è diminuita in Germania dell’1,1% rispetto al mese precedente. Il dato resta 6,9 punti sopra a quello dell’anno precedente, ma la frenata, dovuta soprattutto a una flessione della domanda dall’estero, potrebbe essere l’avvisaglia di un esaurisi degli spazi per l’export made in Germany.


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