Montezemolo: “Sono ricco è giusto che paghi di più ma qui solo io la penso così”

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ROMA – «Io, ricco, sono pronto a pagare più tasse. Per ragioni di equità  e solidarietà . E soprattutto per una vera lotta alla grande evasione fiscale. In cambio chiedo allo Stato di ridurre il suo perimetro d’azione e di essere più efficiente». Ragiona così Luca di Montezemolo, 63 anni, reddito annuo medio intorno ai cinque milioni di euro. Ricco. E potente: presidente della Ferrari, presidente di Ntv (i treni privati per l’alta velocità ), ex presidente della Fiat e della Confindustria. Da tempo lì lì a un passo da un impegno diretto in politica.
E’ d’accordo con il finanziere americano Warren Buffet: chi ha di più deve pagare di più. «Ma – aggiunge -, con tutto il rispetto per Buffet, sulla mia proposta di un’imposta una tantum sui grandi patrimoni, dai cinque ai dieci milioni l’anno, ho avvertito un assordante silenzio». Zitte le associazioni delle imprese, zitta una classe dirigente attenta ai propri interessi di breve periodo. Zitta la politica. Eppure è anche da qui, secondo Montezemolo, che passa la «ricostruzione del Paese», dopo il fallimento della Seconda Repubblica, ridefinendo i rapporti tra lo Stato e i cittadini, tra le tasse che si pagano e i servizi che si ricevono. Un passaggio cruciale per ritrovare – dice – «etica e valori», per riparlare di «bene comune» e non solo di «interessi», per quanto importanti. Bene allora la Tobin tax perché «si deve mettere assolutamente un freno alla speculazione ed è giusto che lo si faccia a livello europeo».
Ma è l’Italia il centro, in questo colloquio, del ragionamento di Montezemolo. Un Paese in crisi profonda, non solo economica; privo di leadership; prigioniero del suo passato. «Oggi – dice – c’è un governo che si è autodefinito liberale, ma tutto si può dire fuorché che questo governo abbia compiuto scelte liberali. Ho sentito un ministro dell’Economia sostenere di avere nostalgia dell’Iri… Mi sforzo di fotografare la realtà . E vedo una insostenibile invadenza dello Stato nell’economia. Di conseguenza si sono accresciuti gli intrecci tra politica e affari. Clientelismo e affarismo. Malaffare e ricatti. Sono nate società  pubbliche con relativi consigli di amministrazione solo per piazzare qualche politico trombato. Nel 2005 ero presidente della Confindustria e ricordavo che il compito di una Provincia non era quello di acquistare a caro prezzo quote di autostrade, bensì di fornire servizi ai cittadini. Ora sta indagando la magistratura di Milano. Hanno occupato lo Stato e questo è il contrario di uno Stato forte. Uno Stato forte dovrebbe concentrarsi sul suo core-business: sicurezza, sanità , scuola, giustizia. Questo è il perimetro dello Stato. Per questo paghiamo (chi le paga) le tasse». Che allo Stato-invadente, gonfio di debiti, non bastano mai. Mai. «Negli ultimi quindici anni abbiamo toccato tutti i record. Ma i servizi non sono affatto migliorati. Sono accresciuti i monopoli, è nato quello che ho chiamato il neo-statalismo municipale. Dov’è la concorrenza nei servizi locali? C’è forse nei trasporti o nella raccolta dei rifiuti? La verità  è che il denaro non va ad alimentare i servizi, bensì la grande voragine della spesa pubblica».
Tasse e diseguaglianze che crescono; redditi reali che diminuiscono. Lo dicono le tabelle dell’Istat e le analisi delle Banca d’Italia. E’ l’Italia del nuovo secolo. Il ceto medio – come in altre parti del mondo, Stati Uniti in testa – si è assottigliato sempre più. Anche i risparmi sono stati prosciugati. «L’italiano medio – dice il ricco Montezemolo – si è impoverito. Ha pagato tutte le tasse anche quelle occulte che sono rappresentate dai disservizi. Ora c’è la crisi, sì certo. E’ vero che serve una manovra sui conti pubblici. Ce la chiede l’Europa. Dobbiamo farla. Ma ancora una volta si colpiscono i soliti noti. Invece servirebbero crescita e solidarietà , rigore ed equità ».
E qui quello di Montezemolo diventa quasi un programma di politica economica. Liberale e alternativo a quello del governo. Ridurre il campo d’azione dello Stato, privatizzando tutto quello che si può, vendendo il patrimonio immobiliare che non serve, abolendo la spesa inefficiente, liberalizzando, e tagliando «subito e non a babbo morto» i privilegi della politica. «Poi, ma solo a quel punto, se serve un contributo da parte dei cittadini, bisogna cominciarlo a chiederlo a chi ha di più. Perché è scandaloso che lo si chieda al ceto medio, l’asse portante della nostra società , a chi paga già  tutto quello che può pagare. Da qui la mia proposta sulla patrimoniale: un segnale di giusta solidarietà . Ma c’è di più. C’è che in questo modo si può cominciare a colpire la grande (dico, quella davvero grande) evasione fiscale». Il ministro Sacconi sostiene che tassando “i Montezemolo” non si prende un miliardo l’anno. «Non ho fatto i calcoli. Ma intanto riduciamo l’invadenza dello Stato e poi andiamo a prendere i soldi dove ci sono. Quanto? Vedremo. Certo è che l’Italia ha bisogno di recuperare un po’ di etica, un po’ di valori. Serve un segnale e vedremo anche quanto si recupererà  in termini di evasione fiscale».


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