Milanese, gli affari con i lottizzati di Pavia e 250 mila euro finiti in una scatola di scarpe

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NAPOLI – Se il crollo del sistema anni ‘90 passò (anche) attraverso il pouf imbottito di miliardi dei coniugi Poggiolini, in questa tangentopoli primi anni Duemila spunta un’ordinaria «scatola di scarpe Adidas», dove qualcuno stipa uno degli imbarazzanti tesoretti cash di Marco Milanese, il deputato Pdl per il quale pende una richiesta d’arresto alla Camera. In quella scatola finisce la metà  dei «250 mila euro in contanti», di provenienza misteriosa, che lo stesso ex consigliere politico di Tremonti trasporta in un borsone di pelle e, in uno studio di Milano, consegna a due «amici», oggi co-indagati, il commercialista Guido Marchese e l’attuale sindaco di Voghera, Carlo Barbieri.
La vicenda riguarda la presunta corruzione in cambio di nomine di cui hanno beneficiato i due manager (Barbieri entra in Federservizi; Marchese, come revisore dei conti, in Ansaldo Breda, Oto Melara, Ansaldo Energia, Sogin e Sace, per oltre 60mila euro di emolumenti complessivi), vicini al gruppo di professionisti pavesi che il gergo della politica definisce «Tremonti boys». I due sono stati arrestati il 7 luglio luglio, e nel frattempo sono stati scarcerati dopo che il pm Vincenzo Piscitelli aveva dato per acquisito il “materiale probatorio”.
Il verbale, dunque. Secondo Marchese, Milanese arriva “con una borsa carica di quel denaro in contante». E lo offre ai due «a titolo di garanzia» del debito di 650mila euro che non poteva momentaneamente onorare dopo la tortuosa vendita della villa a Nizza: un’operazione che proverebbe lo scambio denaro-nomine tra Milanese e i suoi «amici». Emerge forte il timore di Marchese: «Noi avevamo un timore reverenziale nei confronti di Milanese… Eravamo allertati perché avevamo 250mila euro e non ne sapevamo la provenienza, no?».
All’origine del caso, un gran giro di denaro per un’operazione apparentemente anti-economica. Una compravendita in cui Marchese e Barbieri fanno investimenti senza guadagnarci né un bene, né un euro; e in cui Milanese – lo ha detto in un’intervista a Repubblica – avrebbe venduto «perdendoci 40mila euro».
Racconta quindi Marchese: «Nel maggio 2010 il nostro amico Sergio Fracchia (agente immobiliare), ci comunica che il Milanese vuole vendere la villa a Cannes. Dice che ha fretta, e anche se la casa vale 2 milioni, si può trattare a 1 milione e 650mila (…)». Marchese e Barbieri accettano per «fare un affare, guadagnandoci in questa operazione 200mila euro, visto che la villa era bella, con piscina, e c’era un cliente olandese» che l’avrebbe riacquistata. «Quindi la fermiamo con due bonifici, 50mila io e 50mila il Barbieri». I due ottengono poi un finanziamento della Carige per 550mila euro, somma che finisce su un bonifico destinato a Milanese. Ma poi il presunto olandese si volatilizza. Si trova un’altra acquirente: tale Mizumori, giapponese. La quale ottiene la casa per 1 milione e 610 mila euro. Quindi, 40mila euro in meno sull’affare previsto. E Milanese appare in difficoltà : «Il Milanese ci rilascia un assegno di importo pari a 650mila euro, però ci dice di attendere, perché era privo di disponibilità … E noi non eravamo troppo tranquilli. A un certo punto, nell’autunno scorso, Milanese ci convoca a Milano presso l’ufficio del Fracchia. Arriva, apre la borsa: 250mila euro. Guardo, dico: che succede? Lui: no, guardate, questi soldi voi li tenete qua a garanzia. Insomma ce li dividiamo: 125 a Barbieri, 125 io. Ma era impossibile depositare, non sapevamo la provenienza, poi io faccio il commercialista dov’è che andavo, alla faccia delle norme della tracciabilità ? E allora metto questi soldi in una scatola di scarpe Adidas, e li tengo nel mio ufficio. (…) Insomma io mi rendo conto che anche con le norme antiriciclaggio, uno arriva e da dove arrivano questi soldi? Io non lo sapevo e neanche glielo ho chiesto, sì, Milanese è un amico, però è stato nella Fiannza, è consigliere del ministro, cioè era un’amicizia… sbilanciata, ecco». Milanese, da parte sua, ha sostenuto che saprà  «spiegare ai magistrati l’origine di quei 250mila euro. dietro i quali non c’era nessun’ombra, nessun segreto».


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