Mercati mondiali col fiato sospeso è la prova del fuoco per i Btp
MILANO – Dopo quarantotto ore riaprono i mercati con tante novità , da “prezzare”. Dal declassamento del debito Usa di Standard & Poor’s alla riunione in cui la Banca centrale europea ha deciso che interverrà «molto significativamente e in modo coeso», acquistando i titoli governativi di Italia e Spagna, per contenerne il deprezzamento in corso da settimane. Mossa, questa, teoricamente positiva, mentre a Wall Street e sul mercato del Treasury bond, il più liquido e massiccio del mondo, la reazione almeno psicologica dovrebbe essere di ribasso. L’unico indice che resterà alto con certezza è il Vix, misura della volatilità (e “della paura”, come ormai dicono gli operatori) e volato, da quota 20 di inizio luglio, fino a 32 venerdì. La tensione resta la cifra comune, al riavvio dopo la settimana più nera dal crac di Lehman Brothers di tre anni fa, che ha visto i listini europei cedere il 10%.
Le Borse più seguite saranno Wall Street e Piazza Affari. La prima per vedere gli effetti della perdita della tripla A dopo 70 anni, l’altra come epicentro della crisi dei debiti periferici europei. E tra tante notizie cui reagire c’è il rischio concreto che passi in secondo piano l’annuncio di Silvio Berlusconi, reso venerdì pomeriggio a Borse chiuse, di voler anticipare al 2013 il raggiungimento del pareggio di bilancio. La ridotta credibilità del governo italiano e l’assenza dei dettagli tecnici delle nuove misure potrebbero indurre gli investitori a concentrarsi sulle dinamiche più globali, come la tenuta del T-bond americano e l’effettiva capacità delle istituzioni europee di far fronte agli attacchi sui debiti periferici del Vecchio continente.
Ma il primo mercato ad aprire, sugli orologi mondiali, è l’Asia. Dove ieri sera, negli scambi preliminari, il biglietto verde si è indebolito contro il franco svizzero. Nel tentativo di parare il colpo, ieri alcuni tra i grandi detentori del debito americano – fonti ufficiali di Cina, Giappone, Corea del Sud – si sono espressi con cauta fiducia sulle rinnovate potenzialità degli Usa, e sulla tenuta del dollaro e del T-bond. Anche perché hanno tutto l’interesse a tutelare i loro investimenti (metà del debito Usa è in mani asiatiche).
Il tonfo delle Borse di venerdì non prezzava il declassamento del debito Usa da parte di Standard & Poor’s, reso ufficiale nella nottata. E anche se quella misura, come ha detto ieri il capo economista per l’Europa dell’agenzia newyorchese Jean-Michel Six, «era ampiamente attesa, perciò non avrà effetti sconvolgenti sui mercati, la cui inquietudine è molto più legata alla ripresa economica e al suo vigore», ciò non toglie che almeno a livello psicologico la botta potrebbe farsi sentire. Perché declassare dopo 70 anni il debito pubblico della valuta di riserva mondiale non è un fatto da poco. Ieri S&p è tornata a esternare, con una nota sul rating della Francia. Positiva però: «S&p ha confermato il rating tripla A per la Francia. Il giudizio è stabile e non c’è alcuna intenzione di cambiarlo, grazie alla leadership politica e alla buona governance del paese, considerati fattori essenziali».
Le uniche Borse aperte ieri – quelle di taglia regionale di Medio Oriente e Golfo – hanno reagito con bruschi cali al taglio del rating degli Stati Uniti, e ai timori di nuova recessione globale. Su quei listini, chiusi prima delle riunioni serali di G7, G20 e Bce, è stato tutto un vendere. La Borsa di Dubai ha perso il 3,7%. In deciso ribasso anche il listino di Tel Aviv, che ha perso il 7,1% – peggior calo dal novembre 2008 – dopo un breve stop per eccessivi ribassi. Perdite anche sul mercato del Qatar (-2,51%) e dell’Oman (-1,87%), mentre non si è mossa l’Arabia Saudita, che sabato però aveva ceduto il 5,1%.
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