Marchionne in panne tra scommessa Usa e vendite ferme al palo

by Sergio Segio | 19 Agosto 2011 7:29

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TORINO – In un momento come questo non ci voleva. La tempesta sul titolo Fiat arriva in una fase molto delicata per il Lingotto, all’inizio di quel terzo quadrimestre che dovrebbe essere decisivo per completare la fase di confluenza tra Torino e Detroit. Un terremoto mentre si sta costruendo la casa. Il vantaggio, se così si può dire, è che l’improvviso segnale di sfiducia della Borsa verso un manager che finora è stato tra i più apprezzati, arriva nel bel mezzo di una bufera che coinvolge i mercati mondiali e i costruttori di auto in particolare. Mal comune, mezzo gaudio: se Fiat va male, Psa (- 9 per cento) e Renault (- 8) non stanno meglio, complice un rapporto di Goldman Sachs che ieri rivedeva al ribasso le stime sul mercato auto europeo e statunitense per il 2012. Secondo queste previsioni in Europa il prossimo anno non si venderanno più di 13,5 milioni di auto contro i 14,5 finora ritenuti probabili.
Ma a Marchionne i mercati ieri imputavano qualcosa in più. Sotto accusa lo stallo nelle vendite in Brasile e le previsioni negative sulla 500 negli Stati Uniti. Si tratta, in realtà , di elementi che, presi da soli, non giustificano un crollo del titolo vicino al 12 per cento. Perché nel mercato brasiliano Fiat continuerà  molto probabilmente ad essere la prima casa nel 2011 e ha perso la leadership all’inizio di agosto per soli 270 pezzi. Un discorso analogo vale per le vendite della 500 in Usa e Canada: arriveranno a 25-30 mila contro le 50 mila preventivate ma è difficile immaginare, visti i margini ridotti di profitto delle utilitarie, che vendere 20 mila 500 in meno possa avere un effetto pesante sui bilanci di fine anno. Diverso l’impatto d’immagine di queste due notizie, a dimostrazione che spesso sui mercati conta più la psicologia dell’economia. Perché a luglio il cda di Fiat (il primo che aveva almeno in parte consolidato Chrysler) si è tenuto proprio in Brasile a celebrare una leadership nel Sudamerica che fino a due settimane fa nessuno era riuscito a insidiare. E perché Marchionne ci aveva abituato a migliorare le sue stesse previsioni: se annuncia che si venderanno 50 mila auto entro fine anno, tutti si attendono che se ne vendano in realtà  70-80 mila.
Così, se si rompe l’incantesimo, i mercati sono pronti a far pagare al titolo Fiat anche quel che in realtà  gli avevano già  perdonato. Clamoroso il caso Tata: da mesi Marchionne e lo stesso Tata vanno ripentendo che l’alleanza tra Torino e l’India non sta dando i risultati sperati. Il motivo sarebbe, per unanime ammissione dei protagonisti, nel cannibalismo tra marchi nei concessionari indiani. Al pubblico popolare che compera la Nano, la Punto sembra una Ferrari e se il criterio d’acquisto è quello del prezzo più basso, la Punto resta in vetrina. Ma se queste cose Tata le ripete oggi, l’effetto sui mercati è molto diverso da quello di due settimane fa.
Per risalire la china dell’immagine è chiaro che Marchionne deve tornare a premere l’acceleratore della fusione con Chrysler per far arrivare prima sui mercati i prodotti nati dall’alleanza. Per bruciare i tempi c’è innanzitutto da chiudere la trattativa con i sindacati americani sul rinnovo del contratto. Una partita non solo sindacale che si dovrebbe concludere entro il 14 settembre. E’ chiaro infatti che nel braccio di ferro gioca anche l’altra trattativa con il sindacato, quella sul prezzo di acquisto delle azioni Chrysler ancora in mano al fondo pensioni di Bob King. Chiusa la partita con il sindacato Usa, si potrà  procedere più velocemente verso l’integrazione. Tra i nuovi prodotti è stata confermata in questi giorni la produzione a Detroit, nello stabilimento di Jefferson North, di un Suv Maserati su pianale Jeep. Non una novità : l’annuncio era già  stato fatto dallo stesso Marchionne in gennaio. Ma una dimostrazione che il piano di integrazione prosegue.
Gli uffici di Torino e Detroit avrebbero già  studiato anche una soluzione per la sede legale del nuovo gruppo che nascerà  dalla fusione tra Fiat e Chrysler: per evitare campanilismi e risparmiare sulle tasse, la nuova società  potrebbe avere la sede legale in Olanda, come per un certo periodo ebbe già  Fiat auto. Ottenendo non solo vantaggi fiscali ma anche disinnescando l’effetto di una guerra simbolica sulle due sponde dell’Atlantico.

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