Marchionne apre alla patrimoniale ma boccia l’Iva

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RIMINI — Ci ha preso gusto, al Meeting. E arriva di nuovo più o meno a sorpresa. Sergio Marchionne, qui, stavolta c’è per ascoltare John Elkann. L’amministratore delegato in prima fila, il presidente sul palco. Piatto forte del dialogo con i ragazzi di Rimini: la Fiat, l’Italia, il futuro dell’una e dell’altra. Ma insieme, come è stato per un secolo e passa? O sempre più lontane? Risposte: decida il Paese. Loro ci sono, ripetono i vertici del Lingotto, gli impegni sono pronti a confermarli.
Per quel che dipende da Torino, però. E non è Torino, a fare il contesto. Così, al microfono, Elkann non gira intorno alle parole: «Noi siamo convinti che Fiat, con Chrysler, continuerà  a costruire auto. Dopodiché bisogna vedere se vorrà  continuare a farlo anche l’Italia». Marchionne, giù in platea con la stampa, non deve far altro che rafforzare per l’ennesima volta il concetto: «John è stato di una chiarezza incredibile. Soldi e finanziamenti vengono dalla Fiat. Se il Paese non lo vuole, lo dica».
Non è solo l’eterna questione con la Fiom. Prima ancora — o in parallelo — il problema è di scelte nazionali. Non a caso Elkann cita il Brasile. Terzo mondo ieri, economia più che emergente oggi. Come hanno fatto? «Hanno deciso di crescere e hanno deciso come e in quali settori farlo. La spinta si è vista, fortissima. Sergio ha un dialogo aperto con le autorità  brasiliane, abbiamo investito e investiremo: l’auto, là , è considerata strategica».
«Là », appunto. Ma «qui»? A Torino non ne sono ancora sicuri. Al di là  dell’accordo Confindustria-sindacati che dà  il via libera ai contratti «modello Pomigliano». Al di là  della misura, contenuta nella maxi manovra, che legittima anche gli accordi precedenti (la stessa Pomigliano, Mirafiori, Grugliasco). E dunque, come ripete Elkann, «siamo molto legati all’Italia». Però, come la regia dei ruoli fa ribadire a Marchionne, «solo quando avremo la certezza di poter governare nei posti dove vogliamo investire sbloccheremo i progetti. Pomigliano non è in discussione. Per Mirafiori e Grugliasco, vedremo: aspettiamo di analizzare le motivazioni della sentenza di Torino e le misure inserite nel decreto del governo».
Qualcuno, in politica e nel sindacato, da giorni già  dice: solo scuse per coprire il fatto che, con questa Borsa, soldi da investire il Lingotto comunque non ne avrà . È un modo certo per far scattare Marchionne: chi lo dice non sa di cosa parla, «la Fiat non fa un aumento di capitale dai tempi del convertendo, da allora si finanzia sui mercati internazionali e questo continuerà  a fare».
Fabbrica Italia, e il suo futuro, non ha insomma «niente a che fare con le Borse, stanno facendo un minestrone».
Poi certo, è vero, nemmeno l’economia reale se la passa bene. Il leader di Fiat-Chrysler non teme però una recessione, «non a livello internazionale», e se per l’Italia vede un mercato dell’auto 2011 «ai livelli più bassi dal 1997» (e un aumento dell’Iva avrebbe «un impatto sull’auto e sui consumi»), se «anche l’Europa scenderà », gli Usa «continuano ad andare bene». Basterà , a bilanciare? E per l’economia europea, davvero non c’è un «rischio contagio» da crisi nazionali? «Non lo vedo: una soluzione arriverà . Ma sarà  un calvario». La cui soluzione potrebbero essere «gli eurobond, pur complicati». E intanto, nei singoli Paesi e a partire dall’Italia (dove, dice, «ok anche alla patrimoniale, qualunque cosa purché l’obiettivo sia chiaro»), serve un recupero di credibilità  e leadership. La domanda è a questo punto scontata: se fosse Luca Cordero di Montezemolo, a provarci? «Io gli consiglio di non farlo. Ma nel caso, personalmente avrebbe il mio appoggio. Sa creare squadre vincenti, ha capacità  e qualità : potrebbe fare bene per il Paese».


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