by Sergio Segio | 14 Agosto 2011 6:46
ROMA — «Quale effetto avrà questa manovra sui ceti medi? Userò un’espressione che non è solo di natura psicologica: effetto depressivo».
Daniele Marini, docente di Sociologia del lavoro e dei sistemi organizzativi a Padova e direttore scientifico della Fondazione Nord Est, appare assai pessimista sui riflessi che il decreto da 45,5 miliardi in due anni avrà su una importantissima fetta di società italiana, ovvero quel ceto medio non ricco ma nemmeno alle prese con la sopravvivenza quotidiana.
Perché parla di effetto «depressivo», professore? «Per una serie di motivi, tutti collegati tra loro. Prima di tutto si ha la sensazione, a mio avviso giusta, che si tratti di misure tardive. Se da parte dell’esecutivo ci fosse stata, nel recente passato, maggiore consapevolezza della situazione italiana e internazionale, l’itinerario sarebbe stato meno traumatico».
Dunque la scure di Ferragosto ha spaventato gli italiani dal reddito medio. E Marini prevede che il timore accumulato d’estate si ritrovi sui mercati quotidiani alla ripresa di settembre, partendo ovviamente dai consumi: «Parlo di effetto depressivo, in prospettiva, analizzando i dati più recenti. Il primo bilancio dei saldi estivi 2011, cominciati a luglio, non è particolarmente positivo. La classe media ha già abbassato le proprie quote di spesa. E ora, con i prelievi e i tagli, la tendenza inevitabilmente si acuirà ».
Poi, sostiene il direttore scientifico della Fondazione Nord Est, c’è un errore di fondo nella manovra, lo stesso individuato ieri da Avvenire in un editoriale che ha accusato l’«altra casta», quella degli evasori fiscali, di farla sempre franca: «Concordo con il commento. Sorprende che non si sia andati a toccare i patrimoni. C’è chi denuncia un reddito medio ma poi possiede case, ville, barche. Con un po’ di attenzione e di fantasia, la manovra sarebbe stata più equilibrata e meno concentrata sui soliti dipendenti a reddito fisso accertabile. Purtroppo così gli eterni furbi la faranno franca e a pagare saranno sempre gli stessi. Con una quota aggiuntiva di problemi: gli enti locali dovranno tagliare servizi essenziali, dall’assistenza sanitaria agli asili nido, e saranno costretti a ricorrere ad altre tasse. Quindi gli italiani “medi” non soltanto si impoveriranno e consumeranno di meno, ma vedranno sparire quei servizi che rappresentano un collante sociale fondamentale».
E qui Marini non rinuncia a una dose di polemica: «Non capisco perché la scure non sia caduta sull’universo dell’evasione fiscale, che attualmente naviga a livelli doppi rispetto alla media europea».
Gli effetti «depressivi» sul ceto medio, come aveva annunciato all’inizio il professore, sono davvero diversi ma tutti collegati tra loro. E non sono finiti: «C’è poi un altro capitolo, non tanto di natura economica quanto veramente psicologica. Gli ultimi sacrifici così duri risalgono all’entrata dell’Italia nell’euro. Ma allora c’era un orizzonte da scrutare. Ovvero l’ingresso nella moneta unica europea, l’addio all’instabilità della lira, un magnifico progetto comunitario. Qui invece non c’è alcun orizzonte da contemplare, si assiste soltanto al bisogno urgentissimo dello Stato di dover rimettere ordine nei propri conti».
Qualche ultima previsione, professore? «L’effetto negativo si avvertirà più al Sud, da sempre allenato a crisi e ristrettezze, che al Nord, abituato a percepirsi come area ricca. E poi proseguirà la tendenza del ceto medio a oscillare tra consumi di lusso “riflessivi” (decido di concedermi un oggetto particolare di marca o di classe) e low cost (per la spesa di tutti i giorni vado al discount). Forse così la classe media riuscirà a navigare ancora…».
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