«Patrimoniale oltre 10 milioni»
Dentro ci sono dismissioni immobiliari, privatizzazioni, una patrimoniale permanente sui grandissimi patrimoni, l’abolizione delle pensioni di anzianità , interventi drastici sui costi dell’apparato istituzionale. «Sono misure di carattere permanente che potrebbero sostituire i due grandi interventi una tantum sui quali si basa la manovra del governo, il contributo di solidarietà sui redditi e la Robin Hood Tax sulle imprese energetiche» spiega il senatore. Un pacchetto che vale oltre 20 miliardi di euro, «e che una volta raggiunto il pareggio di bilancio, potranno essere utilizzati per la riduzione della pressione fiscale, per finanziare la costruzione delle pensioni dei giovani ed il welfare delle donne».
«Un investimento sul domani, ma oggi – aggiunge l’economista di ItaliaFutura – presuppone delle scelte». E qualche rinuncia, a cominciare dallo Stato. Serve un piano immediato di dismissioni a tutti i livelli di governo. «Ci sono 500 miliardi di beni immobili da cedere, ci si può dare l’obiettivo di usare i proventi per ridurre il debito sotto il 100%». Anche usando qualche stratagemma per accelerare il processo. «Tutti gli enti locali che hanno mutui accesi con la Cassa Depositi dovrebbero estinguerli obbligatoriamente cedendo immobili o partecipazioni» dice Rossi. Solo il patrimonio degli enti locali vale tra 20 e i 40 miliardi. Poi ci sono le aziende pubbliche da cedere, anche se «con tempi più lunghi»: Bancoposta, Sace, due reti della Rai, le concessioni Anas.
«Il secondo sacrificio da chiedere alle istituzioni è sulla spesa corrente. Ma bisogna smetterla di prendersi in giro. Che significa abolire 29 province? Per eliminarle tutte serve una legge costituzionale? Bene, intanto si eliminano tutte quelle sotto il milione di abitanti, e le dieci che restano si eliminano quando sarà stata approvata la legge costituzionale» dice Rossi, secondo il quale, con lo stesso sistema, si può anche smantellare il Cnel: «Tutti i dipendenti a Palazzo Chigi, e i consiglieri a lavorare gratis, in attesa della legge che lo elimini».
L’emergenza, secondo Rossi, è anche «un’ottima occasione per chiudere partite aperte da 20 anni come la previdenza. Non ci possiamo più permettere le pensioni di anzianità e l’età più bassa per le donne. Cambiamo, e pensiamo ai giovani, chiudendo i buchi contributivi creati dalla discontinuità delle carriere con dei prestiti contributivi dallo Stato. E sempre per i giovani non è più rinviabile l’adozione del contratto unico a tutele crescenti proposto da Pietro Ichino», cioè con una prima fase non coperta dal diritto al reintegro, dice Nicola Rossi. Secondo il quale, per ragioni di equità , servirebbe «mettere mano ai grandi patrimoni con una tassa permanente dello 0,5% oltre i 10 milioni di euro». Frutterebbe un miliardo l’anno, per ora a riduzione del deficit, dal 2014 «ad esclusivo finanziamento dell’istruzione superiore, dei progetti di ricerca delle università , e per la valorizzazione dei beni culturali».
Con lo stesso principio, le misure sulle pensioni, una volta sistemati i conti pubblici, dovrebbero servire per finanziare «il welfare femminile», che accompagnerebbe la parificazione dell’età pensionabile a quella degli uomini. Da aumentare a 67 anni per tutti. Poi c’è il fisco. Con poche regole e un po’ meno tasse. «Il fisco è il regno della stabilità , bisogna smetterla con Robin Hood Tax e scudi fiscali. E poi deve esserci un altro principio sacro: tutto ciò che si toglie agli evasori deve tornare ai contribuenti» dice Rossi. Che non esclude l’aumento dell’Iva, ma solo con la contestuale riduzione della pressione fiscale sui redditi, in particolare su quelli delle imprese, «a cominciare dall’Irap».
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