by Sergio Segio | 12 Agosto 2011 7:50
DES MOINES (Iowa) — «L’Europa, l’Italia? Hanno i loro problemi amico mio. Io sono qui a parlare alla gente dell’Iowa. Spiego come voglio creare lavoro in America. Certo non propongo ricette europee. La socialdemocrazia non è roba per noi. E, lo ha appena sentito, io non aumenterò le tasse». La risposta al cronista italiano viene interrotta dal rombo di una squadriglia di caccia F-16 che vola in formazione sopra la State Fair, la fiera agricola dell’Iowa, nel giorno della sua inaugurazione. Mitt Romney, il favorito nella corsa alla nomination repubblicana per le presidenziali 2012, sta facendo il suo bagno di folla nella grande sagra dell’America delle praterie, nel cuore del MidWest.
Ha appena pronunciato un breve discorso, in piedi sopra alcune balle di fieno. Interrotto più volte da un gruppo di contestatori di «Iowa Citizens for Community Improvement», una formazione della sinistra radicale. Accusano Romney di diffondere bugie sul bilancio, di voler far pagare la crisi ai poveri anziché alle grandi corporation. L’ex governatore del Massachusetts replica senza perdere la calma. Prima con gli argomenti «standard» («previdenza e sanità si mangiano metà del bilancio: se volete affrontare un problema di queste dimensioni aumentando le tasse, non votate me. Rivolgetevi a qualcun altro. Avete Obama. Io vedo troppo Stato: va ridotto»). Poi, accalorandosi, va oltre: «Tutti devono pagare il giusto, certo, ma quest’idea di attaccare chi ha avuto successo, di punire chi crea reddito, mi pare suicida. I soldi delle corporation in un modo o in un altro, tornano alla gente. Quale gente? Esseri umani, come me e te che spendono, consumano».
I contestatori sono sommersi dagli ululati di approvazione dei visitatori della fiera, che ricchi non sono. Romney sa di aver schivato bene una trappola. Ma c’è ben altro che lo preoccupa. È qui, in Iowa, per partecipare a un dibattito tv tra i candidati repubblicani organizzato dalla Fox. Finora è stato lui il battistrada e gli avversari, anche se vivaci e accattivanti come Michele Bachmann, rimangono a buona distanza. Ma qualcosa sta cambiando: mentre gli F-16 si allontano una voce nel gruppetto che segue Romney suggerisce: «Mi sa che vengono dal Texas».
Certo, è dal Texas che viene la nuova minaccia: Rick Perry, il governatore del grande Stato del Sud non è qui, in Iowa dove — tra Fiera, dibattito tv e «straw poll», la prova generale delle primarie — i repubblicani vivono le loro 72 ore più importanti (giudizio del Washington Post e di Karl Rove, lo stratega dell’elezione di George Bush). Il suo fantasma è ovunque perché Perry ha scelto proprio questo weekend per scendere in campo: lo farà domani a una manifestazione in South Carolina. Una mossa studiata proprio per dirottare, almeno in parte, l’attenzione dall’Iowa.
Brutte notizie per la Bachmann e l’ex governatore del Minnesota Tim Pawlenty che si presentano come gli alfieri del conservatorismo religioso, visto che anche Perry è un beniamino della destra evangelica. Che ha dedicato il weekend scorso a una maratona religiosa ad Austin nel corso della quale il governatore ha pregato a occhi chiusi davanti a 30 mila persone, chiedendo «al Signore di aiutare l’America in questo momento drammatico e di illuminare anche Obama». Ma brutte notizie soprattutto per Romney che, da mormone, fatica a far cadere il muro di diffidenza dell’elettorato cristiano. Con la sua esperienza di governatore e imprenditore, Romney è stato ugualmente, fin qui, il cavallo sul quale ha puntato l’establishment economico conservatore. Uno che, per la sua storia, può apparire agli elettori assai più credibile di Obama quando dice di sapere come si fa a creare posti di lavoro.
Ma è proprio su questo terreno che Romney sente già il fiato sul collo di Perry. Un uomo dal passato controverso (è stato, tra l’altro, a lungo nel partito democratico), criticato per le minacce «secessioniste» pronunciate qualche anno fa, detestato da alcuni integralisti ostili all’Islam per la sua amicizia con l’Aga Khan. Incuriosisce, poi, anche la sua vita privata, contraddistinta da un fidanzamento durato 16 anni.
Ma Rick Perry à anche un leader che governa da 11 anni (record nazionale) una terra vasta, ricca e complessa come il Texas. Uno Stato che, sotto la sua guida, ha superato quello di New York ed è stato uno dei pochi a mantenere sempre un buon ritmo di crescita dell’economia e dell’occupazione.
Il mondo delle imprese, che fin qui ha concentrato i suoi finanziamenti su Romney (ha raccolto più fondi elettorali di tutti gli altri candidati messi insieme) comincia a volgere lo sguardo verso Perry. Che è «amico del business», non appartiene alla chiesa mormone e, a differenza del legnoso Romney, è un eccellente comunicatore.
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