«Non ci beviamo questa crisi»

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 Superare la crisi non è come bere un bicchiere d’acqua. Lo sanno bene i promotori, ma anche i 27 milioni di elettori, che meno di due mesi fa hanno vinto i referendum contro la privatizzazione dell’acqua pubblica. Ieri sono rimasti basìti davanti alle proposte bipartisan di sindacati e Confindustria che, per rispondere all’attacco dei mercati, invitano il governo a procede proprio sulla via delle privatizzazioni. Anche la Cgil di Susanna Camusso ha firmato quel documento comune, anche se poi, a parole, almeno sulle privatizzazioni ha fatto una mezza marcia indietro.

Ma allora votare e vincere a che serve? Faceva impressione l’altro giorno nell’aula della Camera sentire Angelino Alfano gridare contro chi sosteneva che Berlusconi era stato sfiduciato dai mercati: «Quando mai sono i mercati a decidere i governi? Che fine ha fatto la sovranità  popolare?». La domanda è cruciale e la risposta non è mai stata così evidente a tutti, tranne che ai berluscones. In questo mondo i mercati decidono eccome: o la borsa o la vita. E’ il modello Marchionne su scala globale.
Contro questo modello nei mesi scorsi milioni di cittadini si sono impegnati, hanno riscoperto la politica, hanno lavorato, votato e vinto. Dopo una straordinaria primavera pensavano di passare una serena estate. E invece i mercati in pochi giorni nella canicola di inizio agosto stanno spazzando via tutto. A Milano Giuliano Pisapia tartassato dal bilancio in rosso dell’era Moratti e dai tagli di Tremonti finisce per alzare il biglietto del tram. Le opposizioni su invito di Napolitano lasciano passare la più dura manovra degli ultimi dieci anni. E adesso persino la Cgil, che pure è stata una delle colonne della vittoria per l’acqua pubblica, scivola pericolosamente sul tema delle privatizzazioni. «Teniamo buona la smentita della Camusso – confida Paolo Carsetti del comitato per il referendum sull’acqua bene comune – la Cgil, le sue donne e i suoi uomini, si sono prodigati e sono stati fondamentali per il successo del referendum, sono sicuro che questo non possa cambiare adesso. Lo vedremo alla prova dei fatti, ma non ho dubbi». Al di là  della Cgil però tira una bruttissima aria, altro che vento del cambiamento. «E’ chiaro – prosegue Carsetti – che la crisi dei mercati viene invocata per mettere in atto un tentativo di disconoscimento del voto. Noi però abbiamo tutta l’intenzione, le ragioni e la forza per fare rispettare l’esito del referendum. Anche perché il tema dell’acqua ha saputo sfondare e mettere insieme storie, movimenti e persone diverse, persino raccogliere consensi a destra. E’ un minimo comune denominatore su cui non si possono fare passi indietro». Sulla stessa linea Tommaso Fattori, del forum toscano per l’acqua pubblica, che però individua un bivio difficile: «I ricatti della crisi possono frantumare anche il nostro fronte proprio quando, invece, è necessario partire dal tema dell’acqua per immaginare una cambiamento generale del modello economico. Siccome è proprio questo sistema economico che produce la crisi, per uscirne si deve mettere in campo una vera alternativa, una società  dei beni comuni. Sul tema dell’acqua ci sono strumenti e soldi per rendere effettiva la volontà  degli elettori, ma la difesa di questo bene comune deve essere un cuneo per cercare di andare oltre lo strapotere delle banche, del finanziamento di troppi beni e servizi pubblici con fondi privati e tassi d’interesse privati che finiscono per scarcarsi sulle tariffe di tutti, ricchi e poveri».
Il segnale che viene dai mercati, dalla politica di destra e sinistra, e persino dai sindacati, però, è di segno opposto. Lo stress test della crisi perenne finisce per vanificare e decomporre la rete e le spinte dei movimenti. «E’ la morte della politica – è il duro commento di Emilio Molinari del contratto mondiale per l’acqua – davanti ai mercati la sovranità  popolare viene sospesa come se fossimo in guerra. Siccome chi vuole sinceramente cambiare si trova con le mani legate la politica si riduce soltanto ai giochi di schieramento, agli interessi di parte, se non alle degenerazioni che portano malaffare e corruzione. Se sui veri temi l’impegno e il voto non contano, ai cittadini rimane solo l’alternativa tra la rassegnazione e la rabbia più o meno cieca che poi trova come unico obiettivo gli stessi politici. Nel momento in cui sono loro i primi ad alzare le mani davanti alle crisi del capitale vengono percepiti come tutti uguali, inutili o persone che fanno il loro interesse». A questo punto tutto resta in mano ai movimenti ma anche le vittorie dei movimenti poi vengono frustrate. «Mobilitarsi e unirsi su temi specifici e importanti come l’acqua è essenziale ma non basta. Bisogna provare a pensare in grande, non avere solo un minimo obiettivo comune, ma cercare un massimo comune denominatore che non sia un compromesso sempre più al ribasso». Anche su questo la Cgil deve scegliere da che parte stare: «O rompere il fronte anche sull’acqua pubblica o provare ad allargare il fronte, per esempio, sulla patrimoniale».

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HANNO DETTO

GIANNI RINALDINI
«Il documento è inaccettabile. È inaudito
che la Marcegaglia presenti delle proposte anche a nome e per conto dei sindacati: un’umiliazione della Cgil e un affronto alle lotte, agli scioperi, ai sacrifici dei lavoratori» PAOLO FERRERO
«Non sono riuscito a capire la differenza tra le proposte del governo e quelle delle parti sociali. In Italia i sindacati e i padroni attaccano da destra il governo e propongono politiche contro i lavoratori». COMITATI PER L’ACQUA
«La Cgil è stata in prima linea nella battaglia referendaria. Donne e uomini del sindacato si sono impegnati. Questo non può cambiare dopo la vittoria. Confidiamo nella smentita sulle privatizzazioni di Susanna Camusso».


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