by Sergio Segio | 25 Agosto 2011 5:45
Ci sono molte sacche di resistenza e neppure troppo piccole. A Tripoli regna la legge della giungla. Sono da temere colpi di coda letali? Molto dipenderà dall’eventuale cattura della Guida ma l’esperienza irachena ha mostrato che i nostalgici non si rassegnano e sono pronti a fare il patto con il Diavolo. La cacciata del tiranno può essere la fine ma anche l’inizio di un conflitto.
I ricercati
La Guida Muammar è ormai entrato nel cerchio dei Grandi Ricercati, un posto occupato prima da Osama e Saddam Hussein. Non mancano le analogie tra le tre «storie». A cominciare dalla taglia e dalla strategia della comunicazione. Per la cattura di Gheddafi è stata offerta una ricompensa di 1,6 milioni di dollari. Spiccioli se paragonati ai 25 per il raìs iracheno e altrettanti per Osama. I messaggi rilanciati da Gheddafi sulle tv arabe sembrano una ripetizione. Saddam si era fatto vedere nelle vie di Bagdad per dimostrare di essere ancora in controllo. Osama, per ben 10 anni, ha inondato le reti televisive e Internet con lunghi sermoni. Famosi i suoi discorsi dalla «grotta» — dopo l’11 settembre 2001 — poi audio e video che hanno spesso suscitato dibattiti sulla loro attendibilità . Propaganda, sproloqui ma che comunque hanno avuto l’effetto di mantenere alta l’attenzione. Il Colonnello punta a fare lo stesso. Il suo vecchio amico e collaboratore, Jalloud, ha sostenuto che il leader sogna di resistere a lungo. E quando gli alleati avranno terminato le operazioni aeree lancerà la «riconquista». Un miraggio nel deserto? Probabile, ma la Guida è convinta di avere ancora seguito. Agli altri «cattivi» è andata male. Saddam lo hanno giustiziato e Osama è stato liquidato dai commandos americani.
Il terrorismo
È già avvenuto a Bengasi dopo l’inizio della rivolta. I seguaci del leader hanno organizzato attacchi terroristici. Esplosioni, agguati, sparizioni. Tripoli e le altre città possono diventare come Beirut o Mogadiscio. Molti militari di Gheddafi sono degli specialisti in operazioni clandestine. Per anni hanno insegnato agli altri — dai palestinesi ai nordirlandesi dell’Ira — a confezionare autobombe. Ora potrebbero impiegare le stesse tattiche all’interno del Paese. Con due obiettivi: impedire qualsiasi forma di normalizzazione e provocare scontri all’interno di una società composita. Gli equilibri — con le divisioni Est-Ovest o quelle tribali — sono precari. Una strategia della tensione, alimentata con attentati e provocazioni, diventerebbe utilissima a quanti non si sono rassegnati alla sconfitta. Non va sottostimato un aspetto. Rispetto a Osama e Saddam, Gheddafi (con i figli) continua a disporre di enormi risorse economiche: almeno 50 miliardi di dollari (stima degli 007 francesi). Un tesoro di guerra in parte sfuggito alle sanzioni e al congelamento dei conti deciso dalla comunità internazionale. Con quel denaro può ingaggiare sicari, sponsorizzare gruppuscoli, comprare complicità per il suo piano. L’esecuzione sarà affidata agli agenti e ai miliziani che in questi anni hanno operato agli ordini di Abdallah Al Senussi, il responsabile dell’intelligence libica. Sfuggito alla cattura, ha lasciato nella sua residenza molta documentazione riservata sul ricorso a mercenari stranieri e ad altri «operativi».
Armi proibite
Il Pentagono ha comunicato ieri che tecnologia o sostanze legate alle armi di distruzione di massa sono state messe in sicurezza. Una precisazione arrivata dopo alcune analisi allarmanti uscite sulla stampa internazionale. In base a informazioni attendibili la Libia possedeva ancora 500-900 tonnellate di uranio grezzo che tuttavia non poteva essere usato — senza essere prima lavorato — per scopi militari. Per farlo sono necessari impianti ai quali il Colonnello ha rinunciato, ufficialmente, nel 2003. Qualche esperto, però, ha ipotizzato che i gheddafiani potrebbero cercare di realizzare una «bomba sporca», un ordigno in grado di contaminare molte persone. Uno scenario remoto ma che va comunque considerato. L’altro capitolo riguarda le armi chimiche. Era in programma — in base agli accordi presi — la distruzione di 23 tonnellate di gas ma l’operazione si sarebbe interrotta a causa di problemi tecnici. La sostanza rimasta — circa la metà — è stata trasferita in un bunker a sud della capitale libica. Nello stesso impianto vi sarebbero 1,3 tonnellate di prodotti chimici utilizzati per la messa a punto delle armi.
I missili
Poco prima dell’assalto a Tripoli, fonti americane avevano segnalato i rischi di un attacco missilistico su larga scala. Il regime — precisavano — poteva tentare un effetto sorpresa con una pesante scarica di missili terra-terra Scud. Vecchi ordigni di produzione russa che possono avere un forte impatto se lanciati sui centri abitati. E in effetti, i lealisti li hanno usati contro Misurata: dai 4 ai 5 ordigni tirati da postazioni vicino a Sirte. Secondo gli analisti le forze di Gheddafi avrebbero ancora oltre 200 Scud sistemati su mezzi semoventi. Il loro utilizzo è comunque complesso e la Nato, specie con l’aiuto dei velivoli senza pilota, può tentare di neutralizzare i veicoli durante la fase di preparazione. Più pericolosi possono essere i piccoli sistemi antiaereo manovrabili da un solo uomo. La Libia ne aveva acquistati a migliaia e durante la rivolta ne sono stati rubati a centinaia. Li hanno presi gli insorti ma anche trafficanti di armi. E così i vecchi Sam 7 sono apparsi nel cuore dell’Africa, in Algeria, nel Sinai egiziano e forse anche a Gaza. Basta anche un solo tiro azzeccato per distruggere un aereo passeggeri.
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