by Sergio Segio | 17 Agosto 2011 6:58
La battaglia per la conquista di Tripoli in Libia si fa più sanguinosa, mentre i ribelli tentano di serrare il cerchio attorno alla capitale. «Speriamo di liberarla entro la fine del mese», azzarda Mansour Saif Al Nasr, inviato a Parigi dall’opposizione. Gli scontri più violenti sono a Zawiyah: le forze del Consiglio nazionale transitorio (Cnt) di Bengasi hanno compiuto la prima importante avanzata dopo settimane di stallo. Si tratta di conquistare un centro strategico, e il suo forziere più prezioso: la raffineria petrolifera. Sulla città piovono bombe. I morti in un giorno sono più di 30. I reparti fedeli al Colonnello Gheddafi controllano ancora la raffineria e parti del centro.
L’offensiva dei ribelli tuttavia ha raggiunto anche Gharyian, nell’area del monte Nafusah, un nodo cruciale per il dominio di una linea di rifornimento dal Sud, dall’Algeria, verso la capitale. L’altro grande canale di approvvigionamento, dalla Tunisia, è bloccato per i combattimenti a Zawiyah.
Un indizio che il regime stia sgretolandosi traspare dalla comparsa, inaspettata al Cairo, di un alto rappresentante della sicurezza, Nassr Al Mabruk Abdullah, a bordo di un aereo privato con nove familiari al seguito. Nessun commento ufficiale riguardo a una probabile defezione, la più rilevante dopo il voltafaccia in marzo di Musa Kusa, il braccio destro di Gheddafi.
Tutto questo a prima vista non sembra indebolire il Colonnello, la volontà di spingere il Paese all’estremo “martirio”. In un discorso trasmesso dalla tv di Stato, Gheddafi mescola appelli e minacce: «Impugnate le armi, unitevi alla lotta per liberare la Libia centimetro per centimetro dai traditori e dalla Nato». Prima di concludere, sulfureo: «Il sangue dei martiri è il carburante per il campo di battaglia».
Per la prima volta dall’inizio del conflitto, il leader libico schiera una nuova arma: un missile Scud lanciato dai dintorni di Sirte, a circa 370 chilometri da Tripoli. Stando al comando militare americano, che per primo ha intercettato il lancio, il missile è piombato nel deserto a 80 chilometri da Brega, probabile bersaglio. Non è chiaro se questo inauguri un nuovo livello di scontro. Gli Scud sono ordigni imprecisi. Nel 1986 il regime ne esplose due contro Lampedusa – le testate s’inabissarono in mare – innescando una crisi diplomatica fra Libia e Italia.
Su questo sfondo non sorprende che entrambe le parti, sia il regime sia il Cnt, smentiscano le voci di una trattativa in corso in Tunisia. Già altri tentativi di negoziato sono sfumati: Gheddafi non cede, i ribelli sono forti delle recenti conquiste. La comunità internazionale potrebbe intervenire, con discrezione, per agevolare un’intesa, e forse questo è il motivo della visita a Tunisi dell’inviato speciale dell’Onu, Al Khatib. Si rumoreggia anche di un intervento a Djerba del premier francese Fillon. Entrambi negano un ruolo da mediatori. Che la verità possa essere un’altra, però, lo dimostra il timore diffuso che il conflitto libico naufraghi nel sangue, ora che il fronte s’avvicina alla capitale.
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