L’Expo contro l’ingiustizia alimentare
Tema che applicato all’Africa diventa emergenza civile e umanitaria, come dimostra il caso della Somalia. L’ingiustizia alimentare è una delle peggiori iniquità del presente, un’offesa alla civiltà di fronte alla quale non possiamo rimanere inerti. Nei Paesi in via di sviluppo, ci sono 840 milioni di persone che soffrono di malnutrizione cronica e 40 milioni, di cui 15 milioni di bambini, che ogni anno muoiono di fame. In tutto questo, la popolazione mondiale è in crescita: si stima che dagli attuali 6,7 miliardi essa raggiungerà i 9 miliardi nel 2050. A fronte di tutto ciò sempre meno terre da destinare all’agricoltura saranno disponibili anche a causa dei cambiamenti climatici. La maggior parte degli scienziati concorda però sul fatto che, oltre ad una più equa distribuzione del cibo, sarà necessario aumentarne la produzione. Per fare ciò è fondamentale agire in modo il più possibile sostenibile. Infatti, è noto che, se l’industrializzazione in agricoltura ha permesso di produrre più cibo a prezzi più contenuti, i costi per l’ambiente sono stati molto elevati in termini di utilizzo di acqua, di degradazione del suolo, di introduzione nell’ambiente di sostanze tossiche, di perdita di biodiversità . Tutto ciò non è più tollerabile. Così abbiamo fatto sin qui, ma ora dobbiamo cambiare radicalmente il nostro modo di pensare e agire, pena la messa in crisi dell’equilibrio, precario, su cui si fonda il patto tra l’uomo e la natura sul nostro pianeta. Ma non dobbiamo guardare solo alle nazioni più sfortunate del mondo. Nei Paesi industrializzati più di un miliardo di persone non hanno il problema di non mangiare a sufficienza bensì quello di mangiare troppo, con notevole aumento dell’incidenza dell’obesità , di malattie cardiovascolari, del cancro e di altri disturbi degenerativi associati all’età . È pertanto indispensabile far fronte a tutte queste problematiche, affrontandole da diversi punti di vista: culturale, politico, sociale, economico, agricolo/alimentare. Ma voglio dire di più: il tema riguarda la nostra salute e l’essenza stessa del nostro modello di Welfare. In buona sostanza noi, mangiando troppo (o troppo poco) e male, siamo cagione di gran parte delle malattie che ci uccidono e che ci costano cifre incredibili in cure che potremmo evitare alimentandoci meglio. Romano Prodi non ha soltanto ragione nel merito, ma coglie nel segno anche quando intesta a Expo 2015 il dovere di divenire il luogo planetario di questo dibattito e il contesto politico nel quale trovare le soluzioni e proporle al mondo. Soluzioni che, va detto subito, ci sono e, con l’aiuto della tecnologia, saranno sempre più disponibili. Vogliamo, vorrei dire dobbiamo, lavorare in questo senso. Con Mario Monti, Giovanni Reale, Giuseppe De Rita, Chiara Tonelli e altri stiamo iniziando un cammino che metta il mondo davanti a un progetto possibile nel 2015. E non c’è Paese più adatto dell’Italia per promuovere su scala internazionale questa potente riflessione. La sfida di Carta 2015 comincia ora: un progetto aperto più che mai ad ogni valido contributo. Chiamiamo a raccolta donne e uomini per un futuro migliore. Un futuro che dipende da noi.
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