Lega e Pdl: manovra, c’è l’intesa Le critiche di Confindustria

by Sergio Segio | 28 Agosto 2011 5:54

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ROMA — Accordo chiuso, sostengono Lega e Pdl. «Alla faccia di chi ci vuole male», aggiunge Roberto Calderoli. Ma non tutto è ancora a posto e resta da capire l’atteggiamento che terrà  il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che ieri a Rimini ha preferito parlare di eurobond, ma non ha mancato di lasciar trapelare il malumore per l’assalto alla sua manovra. E mentre il Pd ribadisce gli attacchi, concentrandosi sull’articolo 8 del testo, la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia si dice «preoccupata per una manovra depressiva e con una gara a chi si inventa la tassa più esotica».
«L’intesa è vicina — conferma Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi —. Sarà  perfezionata, con tutta probabilità , da Berlusconi e Bossi nel loro incontro di domani». Due i punti fermi: i saldi invariati (cioè l’entità  della manovra) e i tempi rapidi. Bonaiuti conferma le novità : il salvataggio dei piccoli Comuni e lo stralcio del taglio delle Province, rinviata «a un disegno costituzionale più ampio, che includa tutta la riforma dell’architettura istituzionale, compreso il dimezzamento dei parlamentari». Il portavoce del premier conferma anche la revisione del contributo di solidarietà . Nessun accenno, invece, ai punti caldi della manovra, ovvero l’allungamento dell’età  pensionabile, l’aumento dell’Iva e la «patrimoniale deducibile».
Secondo le ultime indiscrezioni, il veto della coppia Calderoli-Maroni sulle pensioni avrebbe tenuto. La Lega porterebbe a casa anche il dimezzamento dei tagli agli enti locali. Compensato, però, dall’aumento dell’Iva. Misura, quest’ultima, invisa non solo al Carroccio, ma anche al ministro del Tesoro. Anche per questo non c’è certezza sull’entità  dell’aumento: è probabile che una parte venga usata per ridurre tagli agli enti locali e contributo di solidarietà  e un’altra per attuare la riforma fiscale, come richiesto da Tremonti. Conquista terreno anche la patrimoniale anti evasori escogitata da Calderoli: un’imposta da far pagare sui beni di lusso (ville, barche, auto di grande cilindrata, aerei), ma solo se l’importo risulta superiore alle tasse pagate l’anno precedente.
Mentre si tratta, Tremonti appare sempre più isolato. Bonaiuti minimizza l’entità  dei dissidi tra Berlusconi e il ministro: «C’è molto romanzo. Io li sento tutti i giorni. Come accade nei migliori matrimoni si litiga, anche se alla fine sono i matrimoni che durano di più». Possibile, anche se nel Pdl sta prendendo sempre più corpo il progetto, da attuare dopo il via libera alla manovra, di spacchettare il suo ministero in tre entità  separate. In prima linea su quest’ipotesi (già  ventilata da Luigi Grillo alla direzione dei gruppi), c’è il sottosegretario Daniela Santanché. Che dice: «Il più grande conflitto di interessi è in capo a Tremonti, che gestisce sia le entrate sia le uscite».
E che il clima sia teso, lo dimostrano anche le schermaglie di ieri a Rimini. Pier Luigi Bersani, infatti, dopo avere attaccato una manovra «ingiusta» che «non è credibile nemmeno per i mercati», si è concentrato sull’articolo 8 del testo. Norma che, secondo il Pd, contempla la possibilità  che accordi aziendali possano prevedere deroghe a leggi e contratti, compreso lo Statuto dei lavoratori. Bersani chiede l’eliminazione dell’articolo 8 e a Rimini ha anche detto pubblicamente di avere avuto un colloquio con Tremonti, il quale gli avrebbe confidato di essere «abbastanza aperto» sul tema.
L’accenno di Bersani ha provocato un mezzo terremoto nel Pdl. Si vocifera perfino di una telefonata a Tremonti con richiesta di chiarimenti da parte del segretario Angelino Alfano. Comunque sia, il portavoce del ministro è intervenuto smentendo tutto: «A Rimini, il ministro non ha avuto colloqui riservati e non ha parlato di manovra». Smentita sottolineata da Maurizio Gasparri: «Avendo il ministro Tremonti un ottimo portavoce non si può non credere alla sua smentita».
Ma per evitare equivoci, contro ogni ipotesi di abolizione dell’articolo 8 sono intervenuti molti esponenti del Pdl, con toni ultimativi. Come il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi: «Di togliere l’articolo 8 non se ne parla neanche. Il governo ha fiducia nelle parti sociali, Bersani evidentemente no». Sulla stessa linea si sono dichiarati anche i colleghi di partito Maurizio Gasparri, Gaetano Quagliariello e Giuliano Cazzola.
Infine, sono da registrare le critiche di Gianfranco Micciché, leader di Forza del Sud: «È un provvedimento molto approssimativo e improvvisato. In aula sarà  battaglia».

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