Le parti sociali insoddisfatte «Dal governo niente risposte»
ROMA — Il segretario Cgil, Susanna Camusso, parla di «incontro non all’altezza dei problemi da affrontare e della trasparenza che sarebbe necessaria» e non esclude lo sciopero generale, scatenando la reazione del Pdl, che parla di atto «antinazionale». Anche secondo il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, che pure sollecita al governo «misure eque», lo sciopero «è proprio quello che non occorre. Ai mercati serve un segnale di coesione». Emma Marcegaglia al termine dell’incontro non si scompone, ma traspare la delusione: «Il Paese — incalza — ha bisogno di risposte e che si faccia presto e si faccia bene».
Sono diverse le reazione dei tre protagonisti al termine dell’incontro con il governo, anche se all’uscita sindacati, organizzazioni datoriali e banche, firmatari dell’appello di fine luglio, si presentano con una posizione unica: «Tutti noi abbiamo sottolineato la necessità dell’urgenza vista la situazione dei mercati finanziari», dice la presidente di Confindustria, facendo da portavoce.
Per quelli che al secondo incontro (dopo quello di una settimana fa) si aspettavano i dettagli sul piano del governo per arrivare al pareggio di bilancio nel 2013 e aderire alle indicazioni della Bce, ieri c’è stata una fumata nera. La manovra sarà ristrutturata, è questa l’unica certezza dopo un’ora e mezzo di colloqui. Ma dove sono i contenuti? «Dovete chiederlo al governo», risponde Emma Marcegaglia. E lo ripete anche la leader della Cgil Susanna Camusso. Bonanni, invece, non è sorpreso: «Non c’è da giocare con i mercati aperti. A me interessava di più quello che noi avevamo da dire: occorre rigore, responsabilità , equità ». Il che significa, declina: tagliare i costi della politica, rivedere l’assetto delle Regioni e delle Province, anticipare la riforma fiscale, introdurre l’aliquota unica, da portare dal 12,5% al 20%. Poi va lanciata — aggiunge il segretario — una crociata contro l’elusione, l’evasione fiscale.
«Abbiamo condiviso il principio che questa manovra deve essere una manovra di rigore e di equità : nello specifico abbiamo chiesto che ci sia un taglio ai costi della politica e a tutta l’articolazione complessa e costosa dello Stato». Così Marcegaglia ha sintetizzato la posizione portata all’incontro, concordata anche in un prevertice con le sigle al tavolo del governo, ieri pomeriggio. Le parti sociali hanno chiesto che «accanto al rigore, ci siano anche una serie di provvedimenti che aiutino, sostengano e stimolino la crescita: liberalizzazioni, privatizzazioni, infrastrutture, pubblica amministrazione e semplificazione».
Se finora il fronte non si è scomposto, accorrerà testarlo alla prova dei fatti. Sul prelievo fiscale dai patrimoni, per esempio. La Cgil insiste. Ma vanno superate le posizione degli industriali. Marcegaglia ha aperto uno spiraglio: «Credo sia giusto che in questo momento di emergenza per il Paese chi ha di più possa dare un po’ di più», escludendo però l’ipotesi di una patrimoniale.
Sul tema lavoro la concordia è sul metodo, ma poi nel merito le cose potrebbero cambiare. «È una questione che deve essere nella totale, unica ed esclusiva disponibilità delle parti», scandisce Marcegaglia, che ha annunciato: «ci incontreremo tra di noi presto». Secondo alcuni il governo non ci sente. Uno degli elementi venuto fuori dal tavolo di ieri è, infatti, un tavolo tematico anche sul lavoro: «Insistono — scuote la testa Vincenzo Scudiere, segretario confederale della Cgil — di intervenire sul mercato del lavoro». Non è un tabù secondo Bonanni. Anch’egli è concorde nel lasciare la materia alle parti, però poi dice: «Anche il governo è una parte, gestisce il pubblico impiego».
Ma le minacce alla coesione sono anche altre. Se il piano del governo dovesse prevedere interventi sulle pensioni e la riforma dello Statuto dei lavoratori, la linea potrebbe spezzarsi. «Se la manovra colpirà i soliti noti ci mobiliteremo per cambiarla», ha già detto Susanna Camusso. E al solo sentire nominare lo sciopero già si sollevano reazioni. Da Bonanni: «Mettiamo in ulteriore difficoltà le aziende? Svuotiamo ancora le buste paga? Che segnale diamo ai mercati?». Allo stato maggiore pdl: i capigruppo Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto bollano la reazione della Cgil come un «tentativo pregiudiziale di radicalizzazione dello scontro sociale», Gaetano Quagliariello come «un atto che può classificarsi come antinazionale».
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