Le 54 mila Poltrone in meno nei Palazzi della Politica
E per finire obbligo di volare in classe economica per tutti i dipendenti dello Stato, compresi i parlamentari, gli eletti nelle varie assemblee e i componenti di enti e organismi pubblici.
Sui tagli ai costi della politica, osserva il presidente del Consiglio dopo il varo del decreto legge, «abbiamo adottato numerose misure, forse eccessive, ma si è voluto dare seguito alle desiderata di tanti cittadini». Tuttavia, sulla cartellina che il premer ha davanti agli occhi in conferenza stampa non c’è scritto «costi della politica». C’è scritto «riduzione dei costi degli apparati istituzionali»: in altre parole è passata la dizione maturata dopo la lunga serie di incontri al Quirinale, col capo dello Stato che avrebbe suggerito la formula poi effettivamente adottata dal governo.
Dunque, i tagli ai costi dei palazzi della politica ci sono e non sembrano pochi. E Silvio Berlusconi li illustra a Palazzo Chigi in diretta tv per addolcire la pillola amara che i contribuenti e di dipendenti pubblici e privati dovranno inghiottire per dare il proprio contributo al risanamento del deficit statale entro il 2013. Quantificare gli effetti economici, tuttavia, per ora è difficile anche perché non è dato sapere cosa succederà dopo i tagli al personale amministrativo degli enti destinati a sparire. Di sicuro, però, la cura dimagrante partirà al termine delle attuali consigliature. Se ne riparla cioè alla prossima tornata amministrativa.
Invece, per quanto riguarda i parlamentari (il cui numero può essere regolato solo da una legge di modifica costituzionale) è passato in Consiglio dei ministri il giro di vite: e c’è anche il principio di incompatibilità con altre cariche pubbliche. Ma la norma bandiera è quella di un «contributo di solidarietà » doppio per dare il buon esempio: un addizionale Irpef pari al 10 per cento sopra i 90 mila euro e del 20 per cento per i redditi superiori a 150 mila euro. Esattamente il doppio, dunque, rispetto ai comuni contribuenti che appartengono alla prima categoria di reddito (368 mila) e alla seconda (143 mila). E ancora: per i dipendenti pubblici e privati questo contributo straordinario sarà deducibile mentre i parlamentari non lo potranno fare. E, anzi, se denunceranno redditi alti (uguale all’indennità ) verrà riconosciuto loro uno «stipendio» ridotto del 50 per cento.
Ora il disegno di legge di conversione del decreto, che potrebbe approdare il 22 agosto al Senato, dovrà superare il possibile mal di pancia trasversale per i tagli imposti agli «apparati istituzionali» ma anche le spinte localistiche rappresentate in Parlamento. E proprio su questo punto il presidente del Consiglio ha voluto mettere le mani avanti: con l’intervento che riduce il numero delle Province, ha spiegato, «siamo rimasti aderenti al programma elettorale che parlava di riduzione delle Province che fossero considerate inutili». Il premier, poi, è volutamente rimasto sul vago quando gli è stato chiesto quali saranno i criteri per accorpare gli enti locali cancellati perché troppo piccoli: si tratta comunque di «qualcosa in divenire» perché i criteri per la riduzione «riguardano dei limiti territoriali e di numero di abitanti che devono essere raggiunti» e che «scatteranno alla fine delle presenti amministrazioni e in base al censimento che partirà a fine 2011».
Alla fine, dunque, nel comunicato del Consiglio dei ministri, il capitolo «Riduzione dei costi degli apparati istituzionali» è corposo e prevede molti capitoli: «Trattamento economico dei parlamentari ed incompatibilità . Riduzione del numero dei consiglieri ed assessori regionali e relative indennità . Misure premiali. Riduzione ed accorpamento di Province sulla base del censimento del 2011 e dimezzamento dei consiglieri e assessori. Riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica. Riforma del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Voli in classe economica per parlamentari, amministratori pubblici, dipendenti dello Stato, componenti di enti ed organismi».
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