by Sergio Segio | 5 Agosto 2011 7:30
Potrebbe essere l’ennesima strage di immigrati, una nuova tragedia nelle acqua del canale di Sicilia. Decine di corpi di profughi uccisi dalla fatica e dalla sete sarebbero stati gettati in mare nei giorni scorsi dai compagni che si trovavano a bordo di un barcone soccorso ieri dalle motovedette della Guardia costiera 90 miglia a sud di Lampedusa. E la maggior parte delle vittime sarebbero donne. Secondo il racconto fatto da alcune marocchine trasportate in elicottero sull’isola siciliana, potrebbero essere addirittura cento i corpi degli immigrati morti durante la traversata. «Eravamo in trecento, ma almeno un centinaio, soprattutto donne, non ce l’hanno fatta e gli uomini sono stati costretti a buttare in acqua i loro corpi», ha raccontato una di loro ai medici del poliambulatorio di Lampedusa che l’hanno soccorsa con altre tre donne.
Per ore da parte della Guardia costiera non è arrivata nessuna conferma della nuova tragedia che si sarebbe consumata nel Mediterraneo. Poi, in serata, il comandante della Capitaneria di porto, Antonio Morana, non ha escluso alcuna possibilità : «Nella zona delle operazioni – ha spiegato – le nostre motovedette hanno avvistato alcuni indumenti galleggiare, forse si tratta anche di cadaveri, ma siamo stati costretti a rientrare per trasferire al più presto i 300 migranti che sono in precarie condizioni di salute».
A parte alcune evidenti discordanze sui numeri delle persone presenti a bordo, se confermata la tragedia sarebbe la seconda nel giro di pochi giorni. Il primo agosto sempre i militari della Guardia costiera hanno scoperto nella stiva di un barcone con 270 immigrati, i cadaveri di 25 giovani africani morti soffocati dopo che i loro compagni gli avevano impedito di risalire sul ponte per respirare. Per questo omicidio la squadra mobile di Agrigento ha individuato i presunti responsabili in sei immigrati indicati come scafisti dai testimoni. Il barcone soccorso ieri è invece uno di quelli di cui si erano perse le tracce nei giorni scorsi. La partenza questa volta sarebbe avvenuta venerdì scorso sempre dalla Libia, e come al solito l’imbarcazione sarebbe stata stracolma fino all’inverosimile. Dopo qualche giorno di navigazione però, sono cominciati i primi problemi. Prima si è rotto il motore poi il mezzo, lungo venti metri, ha cominciato a imbarcare acqua.
A segnalare la presenza dei profughi nelle acque libiche è stato un rimorchiatore cipriota. L’equipaggio si rende subito conto delle situazioni drammatiche in cui si trovano gli immigrati in fuga dalla Libia e decide di gettare in acqua alcune zattere di salvataggio sulle quali sale una parte dei profughi. Altri, però, si gettano a mare e tentano di raggiungere il rimorchiatore, che però a questo punto decide di allontanarsi. Prima, però, lancia l’allarme alle autorità italiane.
E a questo punto ci sarebbe un giallo che riguarda le navi Nato impegnate nelle acqua libiche. Prima di inviare le motovedette della Guardia costiera in soccorso del barcone alla deriva, l’Italia avrebbe chiesto a una nave della Nato che si trovava in zona di aiutare i profughi. Si trattava del mezzo più vicino al barcone, a sole 26 miglia invece delle 90 che separavano l’imbarcazione da Lampedusa. Nessuna risposta positiva, però, sarebbe arrivata della nave della Nato.
A quel punto sono scattati i soccorsi italiani, Il primo a partire è stato un elicottero che ha raggiunto i profughi rifornendoli di cibo e di acqua. Anche stavolta, come nel caso del rimorchiatore cipriota, spinti dalla disperazione i profughi avrebbero tentato di attaccarsi al cavo con cui venivano calati i rifornimenti e cercato di salire a bordo. Iniziativa che ha costretto l’equipaggio dell’elicottero a lasciare andare il cavo. Dopo qualche ora sono arrivate quattro motovedette ed è cominciato il trasbordo degli immigrati.
«Una nuova terribile strage di vite innocenti nel mediterraneo. Occorre un intervento immediato – ha detto il presidente del Pd Rosy Bindi – per evitare che viaggi dei migranti si trasformino in traversate della morte».
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