«Chi amministra rischia sempre»

Loading

Caro Direttore,
quando facevo il giornalista sognavo di vedere il mio nome la domenica sulla prima pagina del Corriere della Sera. Oggi però faccio il sindaco di Sesto San Giovanni e ieri ne avrei fatto volentieri a meno. Nell’articolo si scrive, citando in parte verbali giudiziari, che avrei costretto Giuseppe Pasini a pagare alcune rate del mutuo acceso per la trasformazione del Palasesto in Palaghiaccio. Fino ad ora io non ho ricevuto nessun avviso di garanzia. Ma se posso difendermi sul Corriere, visto che il Suo giornale riporta le accuse, dirò che la trasformazione di cui si scrive è stata decisa nel 1999, quando io ero giornalista a Panorama e non avevo la più pallida idea che sarei diventato sindaco. In quella occasione Pasini sottoscrisse una fideiussione per garantire il mutuo che egli aveva incassato dal Credito sportivo, tramite i Diavoli rossoneri. Del Consiglio di amministrazione di questa società  faceva, e fa parte, Stefano Pasini, figlio di Giuseppe. Il Palaghiaccio è un edificio di proprietà  del Comune. Quando sono diventato sindaco ritenevo naturale che chi ha sottoscritto un contratto garantito da una sua fideiussione, con una società  nel cui Cda c’è anche il figlio, onorasse i suoi impegni. Anche perché altrimenti il Credito sportivo avrebbe escusso la fideiussione. Naturalmente sono pronto a rispondere ai magistrati se volessero sentirmi. Nell’articolo del Corriere si scrive che io avrei mandato Maurizio Mauri, nipote di Cossutta, a chiedere il pagamento delle rate del mutuo. Mauri è il presidente della società  Diavoli rossoneri, la società  che gestisce il Palaghiaccio. Detto questo, e lasciando per un momento sullo sfondo le vicende giudiziarie, vorrei fare alcune considerazioni che in questi giorni difficili ho maturato.
Prima di tutto mi preoccupa un atteggiamento generale per cui tutto quello che hanno dichiarato due imprenditori che accusano è di per sé vero, e tutto quello che dicono gli amministratori e i politici è falso, o anche un reato. Si citano sui giornali passaggi dei verbali e della ordinanza della Giudice per le indagini preliminari di Monza dottoressa Anna Magelli. Ma a pag. 58 la Gip dice che «Il vaglio della credibilità  di Pasini e di Di Caterina deve essere rigoroso, in quanto si tratta di soggetti che si sono determinati a rivelare specifici casi di corruzione e concussione a molti anni di distanza dai fatti». E ipotizza che «le dichiarazioni dagli stessi rese siano dettate da malanimo». È preoccupante, non solo per me e per chi in questa vicenda è coinvolto, che ci sia questa disparità  di percezione della onestà  e della sincerità . C’è evidentemente un problema serio per la politica, ma anche per la nostra società .
Il secondo tema sul quale mi sono interrogato è sul ruolo del sindaco o di un assessore. Faccio qualche esempio, volutamente di vicende al centro dell’inchiesta, per spiegarmi.
L’area ex Ercole Marelli quando sono diventato sindaco era di proprietà  di Pasini, di Di Caterina e di Fondrini. È un’area strategica per la città  per le sue dimensioni, per le attività  che vi sono già  insediate, per quelle che potranno trovarvi sede, per essere al confine con Milano. Si tratta di un Piano integrato di intervento di iniziativa privata. Dunque, secondo una certa logica, il sindaco avrebbe dovuto stare nel suo ufficio ad aspettare che i proprietari raggiungessero un accordo e presentassero un progetto da tutti e tre firmato. Poi avremmo dovuto dire sì o no. Ma i tre proprietari erano in conflitto accesissimo tra di loro e quando sembrava che fossero arrivati a un accordo tutto ancora cambiava. Noi, io come sindaco, abbiamo pensato che fosse giusto per la città  cercare di favorire la presentazione di un progetto adeguato e abbiamo promosso mille e mille riunioni, coi tecnici, con gli avvocati o senza di loro. Siamo andati ripetutamente in Regione. Siamo andati in Consiglio comunale a spiegare a che punto eravamo. Alla fine l’accordo è stato, forse, raggiunto e la Regione ha pubblicato il progetto. Siamo andati oltre i nostri compiti? O è un nostro dovere essere non notai, ma tentare di governare una città ? C’è un pericolo in questo? Credo valga la pena di correrlo.
Si è parlato della Pro Sesto. È la società  sportiva più antica della città , oltre alla prima squadra ci giocano centinaia di bambini, ragazzini, ragazzi. Ci sono i tecnici e i volontari, oltre agli spettatori. Pasini ne era il proprietario e a un certo punto ha comunicato che non ne voleva più sapere. La lasciamo fallire o un sindaco, un assessore hanno il diritto e il dovere di cercare chi salvi un patrimonio sportivo e sociale della comunità ? Come facciamo? Abbiamo chiesto a chi poteva avere le risorse e la passione sportiva di intervenire. Nessuno. Purtroppo la Pro è fallita e ora ricomincia tra mille e mille difficoltà , con due nuovi presidenti appassionati, ma senza risorse.
Un sindaco, un amministratore, deve essere un notaio che aspetta che i progetti arrivino sul suo tavolo e poi giudica se vanno bene o no, oppure deve cercare di favorire gli accordi e di preparare un cammino chiaro e nel rispetto delle norme perché si realizzino? Deve guardare addolorato ed inerte le aziende che chiudono o le società  che falliscono o deve cercare di fare, naturalmente nel rispetto della legge, lo sforzo a volte immane di governare? O è questo, nella coscienza attuale, un reato? Credo che questo dilemma sia sempre di più un problema non solo per me.
Giorgio Oldrini
sindaco di Sesto San Giovanni


Related Articles

Salvini svicola sui fondi russi. Il Pd occupa la commissione alla Camera

Loading

Zingaretti da Casellati e Fico. E spunta il «terzo uomo» del Metropol

Bossi jr. fa il passo del gambero

Loading

Calderoli: «Le dimissioni di Rosy Mauro aiuterebbero il movimento»

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment