Lagarde sotto inchiesta per l’affaire Tapie

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PARIGI – Complicità  in falso e sottrazione di fondi pubblici. Si apre con un’accusa più grave del previsto l’inchiesta sul ruolo svolto da Christine Lagarde nel contenzioso tra l’ex imprenditore Bernard Tapie e il Crédit Lyonnais, cominciata a metà  degli anni Novanta e risolta con un risarcimento record da parte dello Stato. Nominata da poco più di un mese alla guida del Fondo monetario internazionale, Lagarde dovrà  ora rispondere in patria di quell’indennizzo versato nel 2008, quando era ancora ministro dell’Economia nel governo francese. Lo ha deciso ieri, dopo ben due rinvii, la Corte della Giustizia della Repubblica, che si occupa dei reati commessi dai ministri, autorizzando così la procura generale di Parigi ad andare avanti nei suoi accertamenti.
Un nuovo caso francese ai vertici del Fmi, a breve distanza dallo scandalo sessuale che ha costretto alle dimissioni l’ex direttore Dominique Strauss-Kahn. Tuttavia, l’inchiesta sarà  lunga e non dovrebbe avere conseguenze immediate sull’incarico a Washington. Secondo l’avvocato, Yves Repiquet, le indagini dei magistrati parigini sono “compatibili” con l’attuale funzione di Lagarde, almeno finché non ci sarà  un formale rinvio a giudizio. Il board dell’organismo internazionale ha confermato la sua fiducia al nuovo direttore, precisando che la possibile apertura di un’inchiesta a suo carico era già  stata presa in conto al momento della nomina del 28 giugno scorso. Ex avvocato d’affari nel prestigioso studio statunitense Baker&McKenzie e prima donna ministro dell’Economia in un paese del G8, Christine Lagarde rischia fino a dieci anni di detenzione e 150mila euro di multa per “complicità  in falso e sottrazione di fondi pubblici”. Due accuse più pesanti rispetto a quella di abuso d’ufficio richiesta dal procuratore generale presso la corte di Cassazione, Jean-Louis Nadal.
L’affaire Tapie risale a quasi vent’anni fa, quando avvenne la vendita conflittuale del gruppo di abbigliamento Adidas da parte del Crédit Lyonnais. All’epoca Bernard Tapie, messo in liquidazione giudiziaria a fine 1994, aveva accusato la banca di aver fatto l’acquisto a un prezzo inferiore al valore reale per poter rivendere a un prezzo maggiore e incassare la plusvalenza. Il tribunale di Parigi gli aveva dato ragione, e così la Corte d’appello, ma la sentenza era stata poi bocciata in Cassazione nel 2006. La sentenza finale del 2008 ha dato di nuovo ragione a Tapie, garantendogli il cospicuo risarcimento. Il caso è stato sollevato dai socialisti che hanno interpretato come un “abuso” la scelta dell’allora ministro Lagarde di affidare la soluzione della disputa con Tapie, uomo considerato vicino al presidente Nicolas Sarkozy, a un tribunale arbitrale e non alla giustizia ordinaria. Altra anomalia, secondo l’opposizione, la decisione del ministro di non fare ricorso contro la sentenza, che costerà  allo Stato circa 400 milioni tra risarcimento e interessi. “Sono serena” ha ripetuto Lagarde sulla vicenda, affermando a più riprese di aver agito secondo la legge e convinta di aver evitato allo Stato un danno economico maggiore.


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