by Sergio Segio | 23 Agosto 2011 6:59
NEW YORK – E adesso? La Libia insorta sbandiera a ogni ora che passa una nuova preda. «Abbiamo preso anche Saadi» rivela il capo del Consiglio nazionale di transizione, Mustafa Abdel Jalil. Ma non è sulla sorte del secondogenito di Muammar Gheddafi che il si parrà la nobilitate dei ribelli che stanno cacciando il tiranno seduto da quarant’anni sull’oro nero della Libia. La figura chiave si chiama Saif Al Islam. Perché è lui, il playboy con studi alla London School of Economics e investimenti da 10 miliardi di dollari in Inghilterra, l’unico figlio finito sulla lista nera della Corte internazionale dell’Aja. Insieme naturalmente all’imputato numero uno: papà Muammar. E al capo dei servizi segreti, Abdullah Al-Senussi. Ma il Colonnello dov’è?
E’ da domenica notte che il tribunale dell’Onu è in trattativa con i ribelli: consegnateci Saif. E’ lui, l’ex speranza del regime, il ragazzo che fino a dieci anni fa diceva «prima viene la democrazia, poi la democrazia e infine al democrazia», che adesso è chiamato a rispondere di crimini contro l’umanità : considerato una specie di primo ministro ombra, responsabile del massacro dei civili per cui s’è mossa la Nato. Ma la sua sorte non è chiara. Dice da Parigi il rappresentante del Cnt, Mansour Syf al Nasr, che «sarà un voto del consiglio a decidere se sarà processato in Libia o trasferito al Tribunale penale internazionale». Ma processato in Libia da chi? «Il processo si potrà celebrare solo quando i nuovi tribunali saranno formati. Solo allora ci potrà essere un processo equo, con difesa, osservatori e stampa». Quel processo equo per cui gli stati si sarebbero dotati da tempo proprio del tribunale internazionale. «E’ tempo di giustizia, non di vendetta», replica infatti dall’Aja Luis Moreno Ocampo, il procuratore della corte che il 27 giugno ha spiccato il mandato di cattura su richiesta dell’Onu.
Degli otto figli di Muammar, tre sarebbero dunque nelle mani dei ribelli. Il terribile Saif. Quel Saadi che l’Italia ha conosciuto invece come terribile calciatore. E Mohammad che è stato catturato in diretta, mentre parlava con Al Jazeera, che ha trasmesso gli spari dal telefono della sua casa. La sorte di Saif sarà ora indicativa per capire quello che potrebbe succedere con l’auspicata cattura del Colonnello: sarebbero pronti i ribelli a girarlo alla giustizia di quell’Onu che col via libera ai bombardamenti ha reso possibile la caduta del regime?
Dal suo nascondiglio il dittatore avrebbe fino all’ultimo continuato a tramare per una via di fuga. Un esilio più o meno dorato negli stati africani come Zimbabwe, Sudan, Ciad, Uganda. La Cnn ricorda anche la sua amicizia personale con Nelson Mandela. Ma il ministro degli esteri sudafricano, Maite Nkoana-Mashabane, ha dovuto esplicitamente smentire che il Colonnello fosse stato imbarcato su uno degli aerei spediti da Johannesburg a Tripoli: «Basta insinuazioni, abbiamo evacuato solo l’ambasciata, qui non verrà mai». E certo la sua presenza non porterebbe migliore pubblicità neppure al Venezuela di quell’Hugo Chavez, che già ha il suo da fare con i gravi problemi di salute.
L’ultima ipotesi è quella di un esilio in un’enclave che si potrebbe ritagliare nel suo stesso regno. Anche se la voce che sembra più consistente lo ritrae già in fuga nel deserto: abbandonato insomma il fortino di Bab al Azizya da cui a Tripoli ha condotto l’ultima sanguinosa resistenza. «Non abbiamo informazioni che abbia lasciato la Libia» assicura un portavoce del Pentagono, David Lapan. Che poi riaccende il giallo: «Sappiamo come voi che non si è visto in pubblico da tempo e che ci sono diverse voci che girano. Se è vivo, la cosa migliore che dovrebbe fare per il suo popolo e dimettersi immediatamente e chiuderla qui». Se è vivo?
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