La doppia vita di Isaac Osei il tassista-re di New York amato in Ghana come un dio

by Sergio Segio | 14 Agosto 2011 7:00

Loading

NEW YORK – La prossima volta che prendete un taxi a Manhattan non siate avari con la mancia: al volante potrebbe esserci un sovrano straniero. Non è uno scherzo per un film con Eddie Murphy, un seguito de Il principe cerca moglie. È la storia di Isaac Osei che alterna due mestieri: il taxi a New York, il governo di cinque province nel Ghana orientale. Dove il suo nome si trasforma in Nana Gyensare V, grande capo del popolo degli Akwamu. Un doppio lavoro con 20 ore di volo per il pendolarismo.
Questa storia molto newyorchese comincia proprio su un taxi giallo, anzi due. È alla fine degli anni Ottanta che Osei incontra per la prima volta Elizabeth Otolizz. Tutti e due tassisti a Manhattan, lei lo conquista raccontandogli aneddoti buffi, piccole avventure del mestiere: come quella volta che le capitò di caricare il celebre rapper Snoop Dogg, o quando fu pestata a sangue da due clienti. La prima svolta nella loro esistenza avviene quando lui va in bancarotta e sta per perdere la licenza di tassista, nel 1991. È Elizabeth a salvarlo, si fa prestare 1.500 dollari da una drogheria africana di New York, riscattano la licenza, cominciano a lavorare guidando lo stesso taxi, una Chevy Caprice, alternandosi al turno del giorno e della notte. Quando si sposano nel 1995, i loro affari stanno andando così bene che dal singolo taxi cominciano ad acquistarne altri. Un po’ alla volta, da quel gesto di generosità  di Elizabeth nasce il loro “piccolo impero”: una flotta di 50 auto gialle in subaffitto ad altri tassisti. Elizabeth non poteva sognarsi che sarebbe stata premiata diventando quasi una sovrana vera e propria.
Osei, nato in una famiglia con 19 figli, non si faceva illusioni su quel che poteva offrirgli il Ghana. Perciò era emigrato a New York trent’anni fa, come tanti africani in cerca di un futuro migliore: spesso confinati nei ghetti di Harlem e del Bronx, dove i loro rapporti con i neri di qui, afroamericani, sono tutt’altro che facili. Osei si era quasi dimenticato di appartenere a una famiglia regale. Il titolo di capo degli Akwamu era toccato a suo fratello maggiore. Ma alla morte improvvisa del fratello, nel 2006, Isaac è il nuovo erede al trono.
Quando viene richiamato in patria i suoi sudditi vengono a prenderlo all’aeroporto di Accra (capitale del Ghana), lo trasportano a mano su una portantina. Deve indossare la tenuta regale e una corona di oro autentico, dare udienza, emettere sentenze. Da cinque anni marito e moglie hanno questa doppia vita. A Manhattan li aspetta il duro lavoro dei piccoli imprenditori: controllare che i loro subordinati non rubino sugli incassi delle corse, verificare che i tassametri non siano manipolati, litigare con la polizia per tentare di farsi togliere qualche multa per eccesso di velocità , gestire i rapporti con i gommisti e i meccanici per la manutenzione delle 50 auto che macinano migliaia di chilometri al mese sull’asfalto. In quel ruolo è la moglie il numero uno: presidente della Napasei Taxi Management Corporation. Poi, quando scatta il momento delle “vacanze”, la coppia parte in volo sull’Atlantico, destinazione Accra. «I miei turni di lavoro sono più pesanti là », ha confessato il capo Nana Gyensare V al New York Times.
Essere riverito e venerato fa piacere, ma in cambio i sudditi esigono molto. Isaac Osei una volta rivestito il ruolo di sovrano deve amministrare gli affari correnti di cinque città  con tutti i territori circostanti. Deve mediare dispute familiari e faide tra clan in zone remote; ogni anno a settembre celebra la benedizione dei raccolti di yam (un tubero o patata dolce che è la principale risorsa dell’agricoltura locale). La First Lady Elizabeth, oltre a presiedere i “consigli delle donne” nei villaggi, deve orchestrare i preparativi del banchetto di 1000 ospiti che accompagna la benedizione rituale dei campi. Nessuno si azzarda a mangiare le yam del nuovo raccolto, finché non hanno ricevuto la consacrazione del capo. Richard Rathbone, studioso alla London School of Oriental and African Studies, spiega che sono molti gli immigrati di New York ad avere “doppie vite”: lavori umili sotto i grattacieli di Manhattan, incarichi autorevoli e prestigiosi nei propri villaggi d’origine, dal Messico alla Cina. Attenti a come apostrofate il prossimo tassista, fioraio, o venditore di hot dog.

Post Views: 196

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2011/08/la-doppia-vita-di-isaac-osei-il-tassista-re-di-new-york-amato-in-ghana-come-un-dio/