La Danimarca alza il suo Muro “Così teniamo lontani gli immigrati”

by Sergio Segio | 10 Agosto 2011 6:43

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BERLINO – Cinquant’anni fa, la dittatura comunista della Sed al potere nell’allora Ddr, avviò la costruzione del Muro di Berlino. Sembrano ricordi lontani: chi è nato e cresciuto dopo il 1989, nell’Europa senza frontiere, difficilmente s’immagina una città  tagliata in due da un confine blindato. Eppure un piccolo assaggio del passato sta per rivivere alla frontiera settentrionale della Germania, quella con la vicina, piccola e prospera Danimarca. Il governo di centrodestra di Copenaghen, ostaggio in Parlamento dei populisti d’ultradestra, ha deciso la costruzione di installazioni e impianti di controllo confinario. In privato, il governo tedesco parla con rabbia e fastidio di «gesto incomprensibile». Mezzo secolo dopo la nascita del Muro della vergogna voluto dall’impero totalitario sovietico, la nuova destra europea, secondo Berlino, impone un grave strappo al mondo senza frontiere di Schengen, e dà  un colpo ai valori dell’Europa.
Povero ideale europeista, non bastava la tempesta sulle Borse e sull’euro. Proprio 50 anni dopo il Muro di Berlino, mentre la Germania riunificata in una solida democrazia si appresta a ricordare il tragico anniversario, in piccolo la scena si ripete. Farsa e non tragedia, si dirà . Però per i tedeschi, pensando ai doganieri danesi in uniforme pronti a installare barriere e dispositivi di controllo, con tutte le differenze del caso è impossibile non ricordare i Vopos, i Kampfgruppen e la Volksarmee der Ddr affaccendati a innalzare la barriera di mattoni e filo spinato alla Porta di Brandeburgo, col kalashnikov a tracolla.
La costruzione del mini-muro danese comincerà  tra poche settimane, e sarà  completata entro la fine dell’anno, ha detto il direttore dell’autorità  doganale del piccolo regno, Erling Andersen. Sull’autostrada saranno installate due barriere, come passaggi a livello, pannelli elettronici che imporranno agli automobilisti di ridurre la velocità  a 40 orari o se necessario ordineranno lo stop, e vie e piazzole laterali sull’autostrada per fermare, far parcheggiare e controllare i veicoli sospetti. Intendiamoci, c’è una differenza abissale tra la Ddr tardostaliniana e il centrodestra danese: Copenaghen non vuole impedire la fuga del suo popolo, ma far sì, dicono i governanti, «che meno criminali est europei, meno bande e mafie organizzate, meno contrabbandieri ci arrivino in casa».
L’idea non è nata negli uffici del debole premier liberale di destra Lars Lokke Rasmussen, ma ai vertici del ‘Partito popolare’, l’ultradestra xenofoba, euroscettica e anti-islamica, che non demorde nemmeno dopo lo shock della strage in Norvegia. Risuscitare le frontiere controllate è per la sua leader Pia Kjaersgaard (nota per la frase «se passeggiando incontro un musulmano vado sull’altro marciapiede») conditio sine qua non del voto favorevole alla riforma delle pensioni governativa. E Rasmussen si è piegato, ancora una volta. Berlino protesta, alcuni politici della Cdu (il partito della Cancelliera Merkel) propongono il boicottaggio turistico della Danimarca. Copenaghen non demorde, e senza troppo pudore la signora Kjaersgaard e i suoi liquidano la democrazia tedesca come «paese nevrotico ossessionato dal suo passato».

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