La calda estate di Pisapia

by Sergio Segio | 18 Agosto 2011 6:41

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MILANO.Nel deserto del ferragosto milanese solo Giuliano Pisapia è capace di essere applaudito sia dai vecchietti del centro anziani che dai facinorosi suonatori di bonghi alla festa di Radio Popolare all’Idroscalo. Dopo due difficilissimi mesi da sindaco il vento del cambiamento che lo ha portato alla vittoria continua a soffiare. Ma anche su Milano infuria la bufera della crisi. Pisapia si è trovato a dover fare scelte urgenti e anche impopolari spinto dalle scadenze e dai buchi di bilancio ereditati dalla giunta Moratti. E adesso anche su Milano si scarica il peso enorme delle manovre di Tremonti. In questo contesto cosa resterà  di quel sogno che si è materializzato sotto il grande arcobaleno di piazza Duomo? La nuova giunta sarà  costretta solo a fare i conti con una realtà  sempre più dura? O riuscirà  a rendere concrete almeno alcune delle grandi e diffuse aspettative di cui Pisapia è garante e simbolo? I primi 100 giorni di governo non hanno sciolto il dilemma, e non poteva essere diversamente. Ma, nonostante tutto, a settembre Milano vuole cominciare a vedere davvero come è fatto il magico mondo di Pisapia.

All’Idroscalo il sindaco è stato accolto come una rockstar: bagno di folla con autografi, abbracci, foto e un ballo con una neo 18enne metà  thailandese metà  bergamasca. Ai microfoni di Radio pop ha promesso di dare battaglia contro la manovra: «Milano è stata particolarmente penalizzata, forse non a caso. Noi ci opporremo stringendo un’alleanza con gli altri sindaci e con le forze sociali che ci hanno appoggiato». E’ un sindaco battagliero che non pare disposto semplicemente ad applicare i tagli e a scontentare la sua gente. Il giorno dopo, però, accanto all’assessore al bilancio centrista Bruno Tabacci, Pisapia ha dovuto presentare alla città  un quadro a tinte fosche. «La manovra sarà  uno tsunami. Faremo di tutto per non toccare i servizi sociali ma bisogna recuperare risorse per Expo e rispettare il patto di stabilità . Dovremo fare scelte impopolari e coraggiose».
Il bilancio della prima estate da sindaco era già  fatto di chiari e scuri e adesso i tagli di Tremonti rendono tutto ancora più complicato. Dopo pochi giorni di governo la nuova giunta si era trovata una brutta sopresa: un buco di 170 milioni di euro lasciato dalla vecchia amministrazione. Altro che i 40 milioni di attivo dichiarati da Letizia Moratti. Da qui una serie di provvedimenti per risanare le magre casse comunali. Ma queste misure adesso rischiano di non bastare perché la manovra di Ferragosto taglierà  a Milano altri 100 milioni di euro. Il Comune quindi potrebbe essere costretto a ritoccare ancora l’Irpef che già  a luglio era stata fissata allo 0,2% per chi ha un reddito lordo maggiore di 33 mila 500 euro. Si potrebbe arrivare allo 0,4% magari alzando la soglia di chi deve pagare per salvaguardare il ceto medio-basso.
Poi c’è la patata bollente di Expo. Dopo anni di inutili dispute tra l’ex sindaco e il governatore Formigoni, Pisapia, pressato dalle scadenze, ha dovuto accettare indici di edificabilità  piuttosto alti sui terreni destinati alla fiera. Una scelta che ha irritato anche l’archistar Stefano Boeri. Per calmare le acque il sindaco ha chiesto fiducia e ha promesso di fare il possibile per evitare speculazioni. Tremonti non si è mai speso per la fiera milanese, ma a questo punto rischiano di mancare le risorse minime per attuare un programma già  molto in ritardo. Senza contare che molti milanesi non sono disposti a barattare servizi e welfare in cambio della kermesse. Ieri lo hanno detto chiaramente i consiglieri di Sel Patrizia Quartieri e Mirko Mazzali.
La decisione che più ha creato malumore, però, è stata quella di alzare il biglietto dei mezzi pubblici da uno a 1,50 euro. La giunta ha parlato di scelta obbligata. E pochi giorni dopo ha licenziato i vertici dell’azienda dei trasporti milanesi (Atm). Anche in questo caso dopo la mazzata di agosto quell’aumento potrebbe non essere sufficiente. I conti in rosso costringono continuamente la giunta a prendere provvedimenti che finiscono per oscurare le tante cose buone fatte. Eccone solo alcune: la sospensione del piano regolatore (Pgt), l’azzeramento dei vertici di Milano Ristorazione (l’azienda delle mense scolastiche contro cui si battono i genitori), il patrocinio al gay pride, un nuovo piano per accogliere i richiedenti asilo, un tavolo per dialogare con le comunità  islamiche, i primi progetti per le coppie di fatto, ecc.
Come si può fare per tenere a bada i conti e allo stesso tempo non deludere la voglia di cambiamento dei milanesi? La parola chiave è partecipazione. E su questo punto siamo solo all’inizio. La grande rete di associazioni, sindacati, movimenti che ha resistito durante il governo delle destre e ha portato alla vittoria Pisapia resta la sua maggiore forza. Si tratta di un potenziale enorme che però in questi primi due mesi è rimasto in gran parte inespresso. La giunta, per quanto pressata dalle urgenze, non può correre il rischio di chiudersi su se stessa. Sarebbe un errore che non verrebbe perdonato. Questo, infatti, è il cambiamento di passo che tutti si aspettano a settembre. Anche perché, mentre la giunta per metà  è composta non da politici ma da esponenti della società  civile, in consiglio comunale la maggioranza ha come asse portante il Pd. Un partito che però a Milano è in crisi da anni e che dopo l’affaire Penati è in forte difficoltà . Per i Democratici un’epoca si è definitivamente chiusa e si fatica a intravvedere una via nuova.
Per superare questa debolezza politica e smarcarsi dallo scomodo ruolo di onesto ragioniere in tempi di crisi Pisapia deve aprirsi alla città . Rilanciare il rapporto con i consigli di zona, il sindacato, le associazioni, i comitati e i movimenti. Condividere le scelte anche difficili e passare alla costruzione di un progetto comune. E’ questo l’unico sistema per non farsi schiacciare dalle emergenze e non tradire l’essenza della vittoria di maggio. Il sindaco è certamente la persona che ne è più consapevole.
«Un modo per rispondere alle aspettative e sistemare il bilancio è puntare sulla città  metropolitana – spiega Simone Zambelli, presidente di Zona 8 (la zona che comprende Quarto Oggiaro) – se si parla di tagliare le province, questa è la via da percorrere. Bisogna trasformare le zone in municipalità  (a Roma gestiscono il 40% del bilancio), ed è nelle zone, nei quartieri, che si possono esprimere al meglio le associazioni, le realtà  inserite nel territorio, insomma la cittadinanza attiva. Ho avuto qualche dubbio su quello che è stato fatto per Expo, ma mi fido del sindaco. Sono sicuro che a settembre prenderà  il toro per le corna. Chiedo solo che quando si parla di soldi per Milano non si pensi solo a Expo ma soprattutto si pensi ai servizi e al welfare».
«Non mi sento di giudicare questi primi mesi – spiega Gianni Bottalico, presidente delle Acli – Riconosco onestà , consapevolezza della gravità  della situazione e senso di responsabilità . Su queste premesse si può costruire il rapporto con le associazioni per salvaguardare il ceto medio e popolare. Credo che ci sia la cultura politica per riuscirci, ora ci vuole la volontà  di farlo davvero. Bisogna passare ad una fase di progettualità : costruire un patto per il bene comune. Se in autunno questo non accadrà  credo che comincerebbe a non soffiare più quel vento che vuole cambiare MIlano».
Il sindaco ieri ha chiesto che venga riportato a Palazzo Marino il «Quarto Stato» di Pelizza da Volpedo. Buon segno. Forza Giuliano. LA MANOVRA suLLA CITTA’
La stangata di Ferragosto si abbatte anche su Milano, secondo i calcoli del Comune il governo taglia altri 100 milioni che si aggiungono ai buchi di bilancio lasciati dalla Moratti

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EXPO SENZA RISORSE
Entro il 2015 il Comune di Milano dovrebbe spendere 200 milioni per Expo. Un conto difficile da onorare dopo i tagli della manovra. Ma Palazzo Marino non è l’unico ente nei guai. La fiera non ha mai avuto l’appoggio di Tremonti. In totale servono 1,7 miliardi che nessuno è in grado di garantire.

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L SEGRETARIO DELLA CGIL ONORIO ROSATI
«La Camera del Lavoro è pronta a battersi con Palazzo Marino contro la manovra»
Dopo le critiche rivolte al Comune per l’aumento del biglietto del tram e l’imposizione dell’Irpef, il sindacato milanese è pronto a collaborare per difendere i ceti più colpiti dalla stangata del governo

 

MILANO
«Sulla lotta alla manovra ci ritroveremo insieme». Onorio Rosati, segretario della Camera del Lavoro di Milano è stato critico su alcune scelte impopolare prese dalla giunta durante l’estate, in particolare sull’imposizione dell’Irpef e sull’aumento del biglietto dei mezzi pubblici. Ma adesso che Pisapia ha annunciato di volersi battere contro la stangata di Tremonti è convinto che si possa cambiare marcia nel rapporto tra Palazzo Marino e Camera del lavoro.
Dopo le parole del sindaco contro la manovra si può aprire un fronte comune e superare le critiche che avete rivolto al Comune nel mese di Luglio?
Giudico molto positivamente il fatto che il sindaco abbia annunciato di volersi spendere per una battaglia comune contro la manovra e di voler salvaguardare welfare e servizi. Non possiamo accettare i provvedimenti iniqui che vengono imposti dal governo di Roma. Su questo fronte potremo trovarci a settembre per studiare iniziative congiunte. Prima è necessario impegnarsi insieme per il contrasto ad una manovra che colpisce la nostra gente, quelli che hanno sempre pagato per tutti. Solo poi ci si può trovare per discutere come e dove tagliare. Altrimenti gli amministratori rischiano di diventare solo dei ragionieri distanti dalle esigenze dei cittadini. Questo il sindacato non lo potrebbe accettare, neppure da parte di questa giunta.
Era questo il nocciolo delle osservazioni che avete rivolto a Pisapia su Irpef e aumento del biglietto dei mezzi pubblici?
Intanto tengo a ribadire che la Cgil per Pisapia si è impegnata come mai aveva fatto prima in nessuna campagna elettorale. E’ sulla base di questo impegno che ci permettiamo di fare critiche costruttive, nel rispetto dei diversi ruoli, per stimolare la giunta. Prima di tutto c’è una questione di metodo. Abbiamo appreso dell’Irpef e dell’aumento del biglietto dei mezzi pubblici dai giornali. E non ci è piaciuto. Il rapporto con il sindacato non può che essere preventivo. Non possiamo essere chiamati a discutere quando le scelte ormai sono già  state fatte. Vale per il sindacato ma anche per il mondo delle associazioni e per tutte le realtà  che hanno appoggiato Pisapia e hanno continuato ad agire per anni sotto il governo delle destre. Capisco le urgenze di una giunta nuova e la necessità  di mettere in sicurezza un bilancio disastrato. Ma adesso bisogna uscire da questa fase. Non si può continuare a chiedere sacrifici sempre ai soliti noti.
Sì, ma i conti non tornano, cosa propone concretamente il sindacato?
Per esempio è vero che l’Irpef allo 02,% è una delle più basse d’Italia ma si potrebbe alzare la soglia di chi deve pagare quella tassa. Ora è ferma a quota 33 mila 500 euro lorde e dunque finisce per colpire anche i redditi medio-bassi. Poi c’è il tema delle privatizzazioni, la prima cosa da fare è salvaguardare assistenza e servizi, gli asili per esempio. Piuttosto bisogna puntare sulla lotta all’evasione e rivedere le fasce di reddito per l’acceso ai servizi pubblici. Non è possibile che oltre un certo reddito paghino tutti nello stesso modo. In questa direzione si è già  espressa il vicesindaco MAria Grazia Guida. Per quanto riguarda il biglietto del tram, giudico positivamente il fatto che la giunta dopo l’aumento ha azzerato i vertici di Atm. Era un atto necessario perché non c’è solo una questione di conti, ma anche di qualità . Tanti milanesi si sono lamentati del modo in cui sono stati gestiti i trasporti pubblici e il tema della mobilità  era essenziale nel programma di Pisapia.
Dunque le critiche di luglio sono acqua passata?
Da parte nostra lo consideriamo solo un episodio. Adesso bisogna agire insieme per garantire giustizia sociale ai milanesi.

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