La caccia ai capitali esteri, dagli spalloni alle banche

by Sergio Segio | 18 Agosto 2011 6:07

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ROMA — Pure Luigi Bisignani ha approfittato dello scudo fiscale, per una parte della maxi stecca Enimont, la madre di tutte le tangenti. Dello scudo del 2001 per la precisione, il primo della serie. Lo ha raccontato di recente lo stesso faccendiere, a proposito dei 4 miliardi ricevuti a suo tempo dalla famiglia Ferruzzi (e per i quali venne condannato per appropriazione indebita), durante uno degli interrogatori nell’inchiesta P4. «Un miliardo e mezzo lo utilizzai nel 1991 per acquistare le case», quattro appartamenti a Roma, e il resto fu nascosto in una serie di conti correnti svizzeri sui quali il faccendiere ha rivelato di avere nel 2001 «fatto personalmente lo scudo». Bisignani è solo uno delle centinaia di migliaia di contribuenti che hanno approfittato dei tre scudi fiscali varati dai governi Berlusconi, su proposta del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, per regolarizzare i capitali illegalmente detenuti all’estero.
Fino al 1988 l’esportazione di capitali era addirittura un reato. Poi c’è stata la depenalizzazione e la libera circolazione dei capitali prevista dalle normative europee, ma vanno rispettati gli obblighi fiscali. Bisogna infatti denunciare nel modulo RW della dichiarazione dei redditi i trasferimenti di denaro e titoli o il possesso di investimenti all’estero superiori a 10 mila euro, così come attività  finanziarie (conti correnti, titoli, obbligazioni, eccetera), immobili, oggetti preziosi, opere d’arte, yacht. Secondo uno studio diffuso a luglio dalla Banca d’Italia, gli italiani alla fine del 2008 avevano ancora all’estero circa 140 miliardi di euro, dei quali solo 60 sono stati regolarizzati con l’ultimo scudo (il resto dei capitali scudati sono invece rientrati in Italia). Questo significa che ci sono 80 miliardi (la differenza tra 140 e 60) di «attività  estere di portafoglio non dichiarate», che nel 2010 sono saliti a più di 100 miliardi.
Tesoretti accumulati, molto spesso in Svizzera (ma anche in Austria), un tempo soprattutto grazie agli spalloni che attraversavano la dogana di Ponte Chiasso con i doppifondi delle auto pieni di banconote prima in lire e poi in euro, in cambio di un 2-3%. Una fuga di capitali prima mossa da antichi timori (i comunisti, la patrimoniale, il default dello Stato) e poi da una voglia matta di evadere le tasse e, nei casi più gravi, per riciclare denaro sporco. Dagli spalloni si è passati a operazioni finanziarie sempre più sofisticate. Alla fine, come ha osservato Tremonti, Lugano è diventata «la decima piazza finanziaria del mondo».Quindi sono arrivati gli scudi fiscali: tre in nove anni. Sanatorie a buon mercato e al riparo dell’anonimato. Con un effetto positivo, dice il governo, sia per emersione di capitali che altrimenti sarebbero rimasti sconosciuti al fisco, sia di gettito. Un condono che ha premiato i grandi evasori, ribatte l’opposizione, col rischio di favorire anche il rimpatrio di capitali della criminalità  organizzata.
Secondo la relazione dello stesso Tremonti al Parlamento, sono 180 mila gli evasori che hanno utilizzato lo scudo 2009-2010, col quale sono stati regolarizzati 104,5 miliardi per un incasso di 5,6 miliardi. Per sanare la situazione era infatti sufficiente pagare il 5% del capitale nascosto (il 6-7% per chi ha scudato alla fine, da gennaio ad aprile 2010), meno di un quarto della più bassa aliquota Irpef. Un condono tuttavia più caro di quelli del 2001-2003, dove si pagava solo il 2,5%, che portarono alla luce 77 miliardi per un gettito di un paio di miliardi. Ma comunque uno scudo, anche l’ultimo, a condizioni più favorevoli di quelli varati in Francia (aliquota dal 10 al 40%) negli Stati Uniti (minimo 20%) e nel Regno Unito (10%). E che sopratutto, a differenza di questi, ha garantito l’anonimato e la non punibilità  di reati come la dichiarazione omessa o fraudolenta e il falso in bilancio.
E pensare che poco prima delle elezioni del 2008 Tremonti aveva solennemente promesso: «I condoni sono una cosa del passato. Oggi non ci sono più le condizioni per fare condoni, che non ho fatto certo volentieri ma perché costretto dalla dura necessità ». E Silvio Berlusconi aveva aggiunto: «Basta con la stagione dei condoni. La prossima sarà  una stagione di forte contrasto all’elusione e all’evasione fiscale». Ma giusto ieri, col motivo che a causa dell’anonimato sarebbe difficile applicare un nuovo prelievo su quelli che hanno fatto l’ultimo scudo, ha cominciato a girare l’ipotesi di un nuovo scudo. Sarebbe il quarto.

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