Islanda. Tycoon rampante o super spia le mani della Cina sui ghiacci

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LONDRA. Che cosa ci fa un miliardario cinese tra i vulcani e i geyser della gelida Islanda? La domanda suona come l’inizio di una barzelletta, invece nasconde un thriller, forse di spionaggio. Quando Huang Nubo, il 161esimo uomo più ricco della Cina, ha manifestato l’intenzione di acquistare una proprietà  terriera nell’isola dell’Atlantico, in una regione di foreste e ghiacci completamente spopolata, le autorità  di Reykjavik hanno inizialmente brindato per festeggiare. Da tempo il governo e gli imprenditori di Pechino fanno shopping di terre, immobili, aziende in giro per il mondo, poco per volta per esempio si stanno comprando mezza Africa, attirati dalle prodigiose risorse naturali del continente nero: se hanno deciso di interessarsi della loro nazione, si sono detti gli islandesi, non potevano che esserci benefici, quanto mai sospirati dopo che la recessione globale e il tracollo del sistema finanziario internazionale ha messo questo piccolo popolo in ginocchio.
Ma poi qualcuno ha cominciato a chiedersi perché il ricchissimo Nubo, ufficialmente con il proposito di costruire un albergo e un campo da golf, vorrebbe acquistare ben 300 chilometri quadrati di terreno, un’enormità , pari allo 0,3 per cento di tutta l’Islanda (che è grande pressappoco come l’Italia settentrionale, ma ha una popolazione di appena 320 mila persone). E se il motivo per cui la Cina investe in Africa e altrove è chiaro a tutti, quello per cui un suo imprenditore spenderebbe 100 milioni di dollari per aprire un hotel nel mezzo del nulla islandese è apparso più misterioso. Finché qualcuno, nel governo di Reykjavik, ha dato un’occhiata alla carta geografica e si è ricordato di dove si trova la sua isola: a metà  strada fra Stati Uniti ed Europa, ossia in un punto strategicamente perfetto per spiare elettronicamente tutto l’Occidente. Se a ciò si aggiunge che l’Islanda è membro della Nato, che è considerata un potenziale porto di passaggio perfetto per le navi cargo asiatiche, se il cambiamento climatico finirà  per aprire la navigazione commerciale nelle acque dell’Artico, e che Huang, il tycoon cinese in questione, era in precedenza un alto funzionario del governo comunista di Pechino, avendo lavorato al Dipartimento della Propaganda Centrale e al ministero delle Costruzioni, gli elementi per un “giallo” sembrano completi.
Così ora non è detto che l’affare sarà  concluso. Il miliardario cinese e i proprietari islandesi della terra su cui lui ha messo gli occhi, nel nord-est dell’isola, in una regione chiamata Grimsstadir Fjollum, hanno raggiunto un accordo provvisorio, ma il governo dell’Islanda è comproprietario di parte del terreno, anche perché vi passano fiumi considerati importanti per il fabbisogno nazionale, e sta riflettendo sul da farsi. Il ministro degli Interni islandese Ogmundur Jonasson – che ha la responsabilità  di approvare o bloccare la vendita – segnala “preoccupazione” per il progetto: «La Cina è molto attiva nel comprare terra in tutto il mondo, per cui dobbiamo fare bene attenzione alle ramificazioni internazionali di un tale acquisto», dice al Financial Times, che ha rivelato ieri in prima pagina la vicenda.
Con una fortuna di quasi 900 milioni di dollari secondo una stima dalla rivista americana Forbes, il signor Huang è a capo del gruppo Zhongkun, che possiede alberghi e villaggi turistici in tutta la Cina. Nelle interviste si descrive come «un poeta e un amante dell’avventura», come testimonia il fatto che abbia scalato il monte Everest e raggiunto il Polo Nord e il Polo Sud. Fonti a lui vicine assicurano che il suo unico interesse per l’Islanda è motivato dall’amore per la natura, non dalla geopolitica. Ma a Reykjavik (e probabilmente al quartier generale della Cia a Washington) si grattano la testa perplessi, domandandosi cosa c’è sotto. Ecco cos’è l’odierna «sindrome cinese»: anche quando Pechino ci offre dei soldi, abbiamo paura a prenderli.


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