In Italia il record di trentenni disoccupati

by Sergio Segio | 25 Agosto 2011 6:38

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ROMA — È un record, ma c’è poco da vantarsi. In Europa è l’Italia ad avere il più alto livello di disoccupazione giovanile. Considerando la fascia d’età  al di sotto dei 35 anni, sono senza lavoro un milione e 183 mila persone. Il 15,9% del totale contro una media del 15,1% nella zona euro. Una differenza che diventa clamorosa se abbassiamo la lente di ingrandimento e concentriamo l’analisi sulla categoria degli under 24: qui il tasso di disoccupazione italiano è del 29,6%, è a spasso un ragazzo su tre. Il triplo della Germania, una volta e mezzo rispetto all’Eurozona.
A raccontare tutto è una ricerca dell’ufficio studi di Confartigianato che ha elaborato i dati del primo trimestre 2011 di Eurostat, l’istituto statistico dell’Unione Europea. Come spesso accade, la situazione si fa più nera se scorriamo la cartina dell’Italia da Nord verso Sud. Le regioni messe peggio sono la Sicilia e la Campania, dove al di sotto dei 24 anni i senza lavoro sono quasi uno su due. Mentre Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, per non parlare di Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige sono su livelli paragonabili se non addirittura migliori a quelli tedeschi. Per misurare la distanza basta confrontare le due province in cima e in fondo alla classifica: a Carbonia—Iglesias, Sardegna, gli under 35 in cerca di occupazione sono il 38%, mentre a Bolzano scendono al 3,9%. Naturalmente la crisi ha peggiorato le cose: dal 2008 l’Italia ha perso quasi un milione di posti di lavoro per i giovani. Ma il guaio è che le cose non vanno meglio nemmeno per gli adulti: sempre dal 2008 i disoccupati italiani tra i 25 e i 54 anni sono cresciuti dell’1,4% mentre in Europa sono diminuiti dello 0,2%. Non c’è neanche un numero, in sostanza, che riesca a strappare un mezzo sorriso. Anzi, il rapporto di Confartigianato sottolinea il «paradosso tutto italiano» del nostro sistema di istruzione.
Per l’anno scolastico ormai alle porte, gli iscritti ai licei sono in aumento del 3%, una tendenza al rialzo che sembra inarrestabile, mentre quelli agli istituti professionali sono crollati del 3,4%. E tutto questo mentre le imprese italiane, nonostante la crisi, non riescono a trovare il 17,2% della manodopera necessaria. Una contraddizione non nuova, purtroppo, ma proprio per questo ancora più grave perché strutturale, quasi fosse ineluttabile. L’unico segnale positivo, secondo il rapporto di Confartigianato, arriva dalle nuove regole sull’apprendistato, il contratto che favorisce l’ingresso nel mondo del lavoro garantendo la formazione in cambio di condizioni iniziali meno vantaggiose: «La riforma voluta dal ministro Sacconi — dice il segretario generale Cesare Fumagalli — potrà  contribuire a ridurre la distanza tra i giovani e il mondo del lavoro. Da un lato i ragazzi potranno trovare nuove strade per imparare una professione, dall’altro le imprese potranno formare la manodopera qualificata di cui hanno necessità ». Secondo lo stesso ministro del Welfare Maurizio Sacconi «l’apprendistato deve diventare il modo tipico per transitare dalla scuola al lavoro», mentre la sua collega all’Istruzione Mariastella Gelmini sottolinea come «questa integrazione sarà  realizzata per la prima volta in Italia dagli istituti tecnici superiori che partiranno a settembre». L’Italia dei valori ribatte con Antonio Borghesi che «la riforma dell’apprendistato non porterà  benefici perché la disoccupazione giovanile è soprattutto intellettuale» mentre secondo Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil, i numeri di Confartigianato «confermano il fallimento del governo».

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