by Sergio Segio | 7 Agosto 2011 7:03
Ci sono fili sottili, ma non invisibili per chi li vuole vedere, che legano la crisi ambientale prodotta dal nord del mondo con la povertà estrema nel sud, la finanza globale con la crescita delle disuguaglianze sociali e la distruzione delle risorse naturali, il complesso militare-industriale con la crisi dei debiti sovrani, le guerre, il terrorismo e l’aumento delle spese militari con i bambini che muoiono di fame.
La politica nella sua interezza, in Italia come altrove, nasconde questi fili, per ignoranza o interesse. Per l’umanità e la “madre terra” il risultato non cambia. (….)
Il fatto che guerre e spese militari siano tra le cause strutturali della crisi economica e finanziaria, non riguarda solo gli Stati uniti, ma il mondo intero. Basti pensare alla piccola Grecia che, pur in bancarotta, ha continuato a destinare il 3,2 per cento del Pil alle spese militari (oltre dieci miliardi di dollari l’anno). Oppure l’Italia che, con un debito pubblico di oltre 2.700 miliardi di dollari, e nonostante l’integrazione europea, continua a mantenere un modello di difesa nazionale con 190 mila militari, di cui il 45 per cento composto da ufficiali e sottoufficiali. Negli ultimi dieci anni abbiamo speso in campo militare oltre 400 miliardi di dollari… e, se non bastasse, partecipiamo a un programma per la realizzazione e l’acquisto di 131 cacciabombardieri F35, che c’è già costato oltre 2 miliardi e 700 milioni di dollari e che comporterà – ai prezzi attuali – un esborso di altri 26 miliardi di dollari nei prossimi anni.
A queste spese dobbiamo sommare il finanziamento delle missioni militari all’estero (compresa la partecipazione alle guerre in Afghanistan e Libia): un altro miliardo di euro l’anno fino al 2008, cresciuti a 1,5 miliardi di euro l’anno dal 2009 al 2011. Ma l’ipocrisia istituzionale ascrive questi costi a “interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia “. È vergognoso che parlamento, governo e, persino, il presidente della repubblica non chiamino le cose per quello che sono, visto che la componente civile delle missioni all’estero è solo dell’1,5 per cento contro il 98,5 della componente militare.
Di fronte a tutto ciò crea sconcerto, come ci ha ricordato Sergio Paronetto di Pax Christi, l’assenza nella politica, nell’economia e nello stesso linguaggio di parole come disarmo e pace. La preoccupazione principale di governo e opposizioni è stata quella di rassicurare la finanza sui rischi d’insolvenza del debito, mettendo le mani nelle tasche dei cittadini e tagliando il welfare e i servizi pubblici. Nessun accenno, invece, alla riduzione delle spese militari, cancellando costosissimi sistemi d’arma e riducendo le forze armate.
Non ci consola che non sia un problema solo italiano. Nel mondo, infatti, la spesa militare ha raggiunto la cifra esorbitante di 1.630 miliardi di dollari, con un incremento del 50 per cento rispetto al 2001. Equivale a 236 dollari pro-capite, che per un miliardo di persone corrisponde al proprio reddito annuo. (….)
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