Il paravento libico nasconde i fallimenti degli altri fronti di guerra

Loading

La Libia è il paravento che nasconde il fallimento della exit strategy dall’Afghanistan, dove ogni giorno si producono scontri e massacri senza precedenti, che si estendono anche al Pakistan. Forse sarebbe meglio parlare di exit strategy dei taleban che si preparano a tornare al potere, con l’accordo o meno, degli Stati uniti. Il numero delle vittime aumenta con l’aggressività  dei taleban e l’Italia rischia di rimanere più impantanata che mai. Ma nemmeno la sinistra si pone ormai questo problema. Il rifinanziamento delle missioni all’estero non è oggetto di dibattito, se non, forse, da parte di alcune Ong, per il diminuire della percentuale loro destinata rispetto a quella dei militari. Una «cooperazione» che non mette in discussione la presenza militare perché perderebbe ogni finanziamento: un abbraccio mortale che snatura ogni forma di cooperazione e non nobilita l’esercito, il cui obiettivo è comunque la guerra. Una guerra che in Afghanistan non potrà  mai vantare neppure una parvenza di vittoria. A meno che si voglia spacciare per vittoria il ritorno dei taleban dopo che il loro allontanamento dal potere era stato l’unico risultato dell’intervento militare nel 2001.
Non solo di Afghanistan si tratta, anche in Iraq la «normalizzazione» è stata più che mai messa in discussione da una nuova offensiva di al Qaeda (al Qaeda Mesopotamia), che vuole proprio in questo paese vendicare l’uccisione di Osama bin Laden con 100 attentati, molti dei quali già  consumati. Non si tratta solo di vittime, decine, ma del fatto che questa situazione crea nuovi imbarazzi nel momento in cui, entro fine anno, i 48.000 militari «non combattenti» americani dovrebbero ritirarsi dall’Iraq. Dicono che ne resteranno 10.000 per continuare l’addestramento delle truppe irachene, le stesse che vengono colpite ogni giorno insieme ad altre istituzioni, civili e stranieri. La situazione, secondo alcuni consiglierebbe di chiedere alle truppe Usa di rimandare il ritiro. Ma con quale risultato, visto che finora non sono servite ad evitare quanto succede? E poi nessun partito vuole chiedere agli Usa di rimanere perché sarebbe una richiesta estremamente impopolare (e forse il rimanere sarebbe negativo persino per Obama). L’unico decisamente contrario alla permanenza americana è Muqtada al Sadr, i cui miliziani sono sempre in tenuta da combattimento. Ma si sa, Muqtada è l’uomo fedele all’Iran, dove peraltro vive. Mentre ai confini settentrionali la Turchia ( che continua a sostenere il regime siriano) è tornata a combattere pervicacemente i kurdi del Pkk.
Il ritiro delle truppe, più che mai auspicabile, metterebbe in evidenza i fallimenti occidentali, ancora più pesanti da giustificare di fronte alla crisi economica mondiale. Tutto avviene mentre le sorti della Libia sono niente affatto scontate (per la variegata composizione delle forze anti-Gheddafi), mentre il dramma vissuto dai somali, dove gli shebab impediscono anche l’arrivo degli aiuti esterni, ci ricordano che la prima sconsiderata avventura militare è iniziata proprio nel Corno d’Africa. Allora, era il 1992, i bambini morivano nelle braccia della madri che crollavano al suolo esauste, proprio come adesso.


Related Articles

Sentenza in arrivo per Manning, rischia più di cento anni di carcere

Loading

Wikileaks/ IL PROCESSO IN CORSO NEL MARYLAND
Il processo militare contro il soldato Bradley Manning, accusato del più impressionante passaggio di informazioni segrete sulle guerre in Iraq e in Afghanistan, fra cui il video Collateral Murder sull’omicidio indiscriminato di 12 civili iracheni da parte di due Apache americani, è arrivato alle ultime battute.

La fantastica contromanovra

Loading

L’ARTE DELLA GUERRA
 Il nostro cuore gronda sangue quando pensiamo che uno dei vanti di questo governo era di non aver mai messo le mani nelle tasche dei militari: così il presidente del consiglio ha annunciato drastici tagli al bilancio della difesa.

Si accascia dopo gli scontri Muore ministro palestinese

Loading

Percosso dai soldati in Cisgiordania. Israele: è stato un infarto

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment