Il paladino dei diritti umani “Questo regime è cieco il massacro non ci fermerà ”
«Avevo vent’anni quando l’artiglieria spianò la mia città , Hama, nel 1982. Ho ancora le immagini di quel massacro negli occhi. Oggi, vedo che il regime ha imparato niente: i tempi sono cambiati, i cannoni non faranno tacere le voci di chi reclama democrazia, diritti umani, libertà ». Anwar Al Bunni, 52 anni, “principe” dei difensori dei diritti umani in Siria, avvocato pluripremiato all’estero per il suo attivismo, parla al telefono da Damasco. Riemerso dal carcere due mesi fa, dopo una condanna a cinque anni, ritrova la Siria in fiamme, ma anche un Paese cambiato: «Prima eravamo in pochi, isolati, a sfidare il regime. Ora il popolo intero condivide le nostre richieste».
A che prezzo, avvocato Al Bunni? Hama è di nuovo insanguinata. La storia si ripete?
«Hama ha un profondo valore simbolico, per quel che accadde trent’anni fa. Le autorità distrussero il vecchio centro. Doveva servire da lezione per l’intero Paese: chiunque avesse osato alzare la testa, avrebbe patito la stessa sorte. Così è stato, per decenni».
E adesso?
«Adesso c’è che la gente, tutta la gente, è unita nel desiderio di libertà . Non si torna più indietro. Il regime, però, è fermo al passato: è cieco di fronte alla realtà . Crede di potere aggiustare le cose ora esercitando pressione, ora intervenendo con le armi. Per pura follia, pensa di risolvere la questione in un solo giorno, con l’esercito, alla vigilia del Ramadan, impedendo che la ribellione divampi nel mese sacro».
Con che risultati, secondo lei?
«Che otterrà niente. Per un mese, da giugno, Hama è vissuta in relativa libertà . Non importa se moriranno 100 o più persone: Hama non obbedirà più. Il governo non potrà ripetere i massacri del passato».
Come si esce dallo stallo? Lei crede nell’apertura di un dialogo nazionale?
«Non si dialoga col coltello alla gola. Ho rifiutato l’invito al tavolo allestito dal governo. Finché il sangue scorre per le strade, finché le riforme sono un pretesto per guadagnare tempo, non si può parlare. La soluzione è nelle mani delle autorità : dell’esercito, del potere».
Lei vuol dire che il regime può ancora riformarsi?
«Il presidente Assad può trasformare il regime in ventiquattro ore, se lo vuole: può aprire le porte del potere alla democrazia. Noi, infatti, non vogliamo una soluzione all’egiziana né alla tunisina: lì sono cambiate le autorità , ma la struttura del regime è intatta. Finché questo accadrà , in Siria, i ribelli continueranno a riempire le piazze. E se finora molti siriani sono rimasti in casa, nel mese di Ramadan tutto può cambiare».
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FEmminicidio. Un passo avanti ci aiuterà a cambiare
E adesso, però, occorre che chi deve sappia finalmente ascoltare. La nuova legge voluta dal governo contro il femminicidio, benedetta da Maria Stella Gelmini e Anna Finocchiaro, Michela Vittoria Brambilla e Susanna Camusso e insomma da donne e uomini di destra e sinistra che su mille altre cose non si sopportano e si scontrano quotidianamente, raccoglie una coralità di consensi che non si vedeva da decenni.