Il ministro Gelmini, ovvero tutti danni della riforma fantasma

by Sergio Segio | 28 Agosto 2011 6:07

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Una campagna mediatica molto ben organizzata ha convinto molti che l’università  italiana è un luogo nel quale la principale occupazione dei professori è dare posti di lavoro a parenti. Sia ben chiaro che questi casi esistono, ma sia altrettanto chiaro che sono del tutto marginali e stigmatizzati dalla stessa comunità  accademica.
A beneficio di chi non è addetto ai lavori, può essere utile rimarcare che la legge 240/2010 (la c.d. riforma Gelmini) è niente affatto attuata e che è molto probabile che non verrà  attuata in questa legislatura e in questa forma. Affinché l’articolato normativo possa diventare pienamente operativo, occorre un non meglio precisato numero di decreti attuativi: sebbene possa apparire a dir poco strano, neppure le comunicazioni ufficiali del ministero li quantificano con esattezza. Sul sito del ministero, a fine luglio si leggeva: “dei 38 provvedimenti previsti (decreti legislativi, regolamenti, decreti ministeriali), 32 sono già  stati firmati dal ministro e a breve saranno emanati anche i restanti 6. 7 decreti saranno approvati in via definitiva entro luglio e i rimanenti entro fine settembre”. Si capisce che occorrono 38 decreti attuativi e si legge che, complessivamente, saranno più di 38, inclusi non meglio specificati provvedimenti “rimanenti” (quali?). Contemperando i numeri governativi con quelli forniti dall’opposizione, è verosimile pensare che siano intorno ai quaranta. Ad oggi, soltanto uno risulta pubblicato in Gazzetta ufficiale.
Le motivazioni per le quali è ragionevole attendersi che la ‘riforma’ non andrà  a regime (o che verrà  rinviata alla prossima legislatura) sono fondamentalmente due.
1) La 240/2010 è una legge estremamente confusa che, da un lato, regolamenta in modo colbertistico, dall’altro, è estremamente vaga. Vaga a tal punto che, a sei mesi dalla sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale, il Consiglio universitario nazionale ha fatto rilevare che non è ancora chiaro chi valuterà  i professori che saranno sorteggiati per far parte delle commissioni per l’abilitazione nazionale. La legge prevede la valutazione dei loro curricula, ma appunto non individua il soggetto deputato a valutare. E’ anche una legge fatta male. (…).
2) Sussistono poi problemi di copertura finanziaria, che per una riforma pensata a costo zero, sono appunto problemi. (…)
Va detto che ciò che realmente sta a cuore a questo governo è depotenziare il sistema formativo, mediante una riduzione dei finanziamenti alle università  che non ha precedenti nella storia italiana. Dal 2008 al 2011 le somme stanziate per le università  pubbliche sono passate da 7.41 miliardi di euro a 6.57 (-11.31%), per ridursi ulteriormente nel 2012 a 6.49 (-12.40) e arrivare nel 2013 con 6,45 miliardi (-12.95). Per questo governo, e per parte del mondo imprenditoriale, la formazione e la ricerca sono esclusivamente un costo. Ciò a ragione del fatto che, in un’ottica di breve periodo, con un sistema produttivo che, salvo rare eccezioni, non esprime domanda di lavoro qualificato (giacché non produce innovazioni), l’istruzione diventa inutile. (…)E il messaggio è passato, come sta a dimostrarlo il sensibile calo delle immatricolazioni. E come sta a dimostrarlo un sondaggio dell’associazione walk on the job, stando al quale oltre il 60% dei ragazzi intervistati dichiara che la ricerca scientifica è inutile.
(la versione completa dell’articolo su www.sbilanciamoci.info)

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